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Il papà di Stefano Leo non si dà pace: “L’assassino doveva essere in galera, mi sento tradito”

Said Mechaquat, l’uomo che ha confessato di aver ucciso Stefano Leo a Torino, aveva una condanna per maltrattamenti che lo doveva portare dietro le sbarre. Il padre della vittima ora non può far altro che pensare che il figlio sia morto per un errore del sistema giudiziario: “Questo Paese non tutela i suoi cittadini. Voglio andarmene via. Non voglio più sapere niente”.
A cura di Susanna Picone
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“Doveva essere in galera e invece per un errore o una sciatteria era libero. Io non voglio più stare qui, non ci resisto più”: non può darsi pace dopo quanto è accaduto Maurizio Leo, il padre di Stefano, ucciso il 23 febbraio sulle rive del Po a Torino da un altro giovane che – a quanto emerso nelle ultime ore – sarebbe dovuto trovarsi in carcere. Said Mechaquat, il ventisettenne che si è consegnato alle forze dell'ordine confessando l'omicidio di Torino e fornendo agli inquirenti un movente da brividi, era infatti stato condannato a un anno e sei mesi per maltrattamenti in famiglia con una sentenza, diventata definitiva, che per lui comportava la carcerazione. Poi ci sarebbe stato un ritardo o un intoppo nella trasmissione dei documenti dalla Corte d'appello alla procura presso il tribunale. Fatto sta che Said Mechaquat era a piede libero e ha potuto uccidere quel “giovane felice” a Torino. “Questo Paese non tutela i suoi cittadini. Voglio andarmene via. Non voglio più sapere niente. Mi sento svuotato di tutto. Mi sento tradito”, ripete ora il padre al quotidiano La Stampa.

"Stefano era felice, avrà la giustizia che merita" – Impossibile non pensare che il figlio possa essere morto per un errore del sistema giudiziario: “Stefano oggi sarebbe vivo – ha detto ancora suo padre Maurizio -, mi avrebbe telefonato come faceva sempre. Mi avrebbe mandato le foto dal lungo Po e detto che si trovava nel posto più bello del mondo. Lo sa quante volte lo ha fatto? Lui qui era felice”. E su cosa succederà adesso, il padre del giovane di Biella sa solo che farà di tutto per ottenere giustizia: “Non so cosa farò, è accaduto tutto così in fretta. Ma farò di tutto per far avere a Stefano quella giustizia terrena che si merita. Farò tutto ciò che è umanamente possibile. Poi cercherò di riprendere in mano quel che resta della mia vita”. “Il pensiero che Stefano sia morto per uno sguardo, forse per un sorriso che aveva regalato al suo assassino, è inaccettabile”, aveva detto il papà subito dopo aver appreso quanto confessato dal ventisettenne. “È come se lo avessero ucciso un'altra volta”, aveva aggiunto.

“È tutto assurdo, neanche nei film c’è una sceneggiatura così” – “Abbiamo delle persone in giro per il territorio italiano pericolosissime che a loro modo, quando gli parte la testa, ammazzano i nostri figli. Questo non deve più succedere”, ha aggiunto Maurizio Leo parlando a “Uno, nessuno, 100Milan” su Radio 24. “Io sono disperato. Quando questa notte ho saputo della Corte d'Appello non ho dormito – ha aggiunto -. Queste persone sgozzano perché vogliono uccidere. Adesso chi va in galera? Chi sconta la pena? Abbiamo giustificazioni per tutti. Voglio andarmene dall'Italia, qui c’è qualcosa che non funziona. Ormai io ho fatto i funerali e Stefano non me lo restituisce nessuno. Prima questa cosa che l'assassino voleva uccidere qualcuno felice, poi questa cosa della Corte d'Appello: ma capite che è tutto assurdo? Neanche nei film c’è una sceneggiatura così”.

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