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Il nostro alfabeto è molto più antico di quanto pensiamo: scoperto un abecedario di 3 mila anni fa

L’archeologo Thomas Schneider ha decifrato un’antica tavoletta in pietra calcarea, scoprendo quello che potrebbe essere il primo esempio di alfabeto in lingua semitica: l’antenato del nostro moderno “abc”.
A cura di Federica D'Alfonso
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La celebre "Stele di Rosetta" conservata al British Museum di Londra.
La celebre "Stele di Rosetta" conservata al British Museum di Londra.

Potrebbe essere la prima e più antica versione del nostro alfabeto: la scoperta, pubblicata su una rivista scientifica americana da un professore di Egittologia, potrebbe rivoluzionare la conoscenza delle origini del nostro linguaggio. Fino ad ora, infatti, le attestazioni più antiche dei primi alfabeti risalgono all’antico Egitto, ma un legame vero e proprio con il nostro “abc” non era ancora stato confermato.

L’ipotesi è stata resa nota da Thomas Schneider, professore di Egittologia alla British Comulbia University, il quale ha di recente pubblicato un articolo sul Bulletin of the American Schools of Oriental Research. Lo studioso ha decifrato i simboli incisi su una tavoletta di pietra calcarea, riconoscendo nell'antico linguaggio semitico un esempio della sequenza alfabetica “abc”: se confermata, si tratterebbe della più antica attestazione di un alfabeto molto vicino al nostro.

La scoperta della tavoletta invece non è recente: venne rinvenuta nel 1995 durante una campagna di scavi del Cambridge Theban Tombs Project guidata da Nigel Strudwick. Il frammento di calcare si trovava in una tomba appartenuta ad importante funzionario egizio, identificato come Sennefer. Nonostante il reperto fosse noto già da tempo soltanto ora il professor Schneider è riuscito a decifrarlo, scoprendo così l’antenato più antico del nostro alfabeto.

Un antichissimo abecedario

Il testo risulta scritto in ieratico, un tipo di scrittura corsiva solitamente usata dai sacerdoti, ed è riconducibile alle antiche lingue semitiche. I simboli geroglifici corsivi rappresentano alcune parole ben precise: fra le tante, Schneider ha identificato “bibiya-ta”, che doveva significare “lumaca”, “garu”, ovvero “colomba” e “da-at”, “aquilone”. Il corrispettivo fonetico del simbolo ieratico “g” è quello della nostra “c”, così come le altre iniziali replicherebbero la sequenza “abcd”: dunque ci troveremmo dinanzi ad un antichissimo abecedario.

Si tratterebbe infatti di una formula mnemonica utilizzata per ricordare il giusto ordine delle lettere dell’alfabeto. L’ipotesi è confermata dal fatto che sull’altra faccia della tavoletta sono incisi altri simboli, stavolta riconducibili ad un altro tipo di alfabeto poco conosciuto: chiunque abbia scritto queste parole 3 mila e 400 anni fa potrebbe aver cercato di ricordare l'inizio di entrambe le sequenze alfabetiche, ha spiegato Schneider. Forse lo stesso sacerdote Sennefer, funzionario addetto agli affari esteri, il quale conosceva sicuramente le lingue semitiche utilizzate nel Mediterraneo orientale.

I problemi della ricerca

Se confermata la scoperta di Schneider sarebbe estremamente importante: si tratterebbe del reperto più antico conosciuto sull'argomento. Purtroppo, la conferma delle ipotesi dell’egittologo comporta non pochi problemi: mancano infatti testi semitici risalenti ad un’epoca così antica. Nell'analizzare e tradurre le parole gli studiosi sono costretti ad utilizzare riferimenti di molto successivi, rischiando di fraintendere il vero significato delle parole incise sulla tavoletta di 3 mila e 400 anni fa.

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