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Il Nome della Rosa arriva in tv: ma cosa ne pensava Umberto Eco delle serie televisive?

Fra gli anni Sessanta e Ottanta Umberto Eco scrisse moltissimo di serie tv, illuminandoci sull’enorme valore della “serialità” nella società contemporanea. A poche ore dal debutto sul piccolo schermo della mini serie ispirata a “Il Nome della Rosa”, il suo capolavoro più famoso, è interessante tornare a rileggere ciò che Eco pensava di questa particolare forma di narrazione.
A cura di Federica D'Alfonso
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Un fotogramma tratto dalla serie tv "Il Nome della Rosa", in onda da stasera su Rai Uno.
Un fotogramma tratto dalla serie tv "Il Nome della Rosa", in onda da stasera su Rai Uno.

A trent'anni dal film con Sean Connery e Christian Slater, “Il Nome della Rosa” torna anche sul piccolo schermo: oggi, lunedì 4 marzo, andrà in onda la prima delle quattro puntate della mini serie diretta da Giacomo Battiato, con Rupert Everett e John Turturro, e ispirata al capolavoro di Umberto Eco. Di anni ne sono passati quasi quaranta, invece, da quando il romanzo usciva nelle librerie, e oggi attendiamo con ansia di “rivedere” una storia già nota: perché? La risposta potrebbe darcela proprio Umberto Eco.

Il Nome della Rosa: la novità della serie tv

Le prime anticipazioni descrivono la serie tv come molto fedele al libro, anche se proporrà elementi nuovi rispetto al lungometraggio: una parte del racconto sarà riservata al conflitto fra Adso e la sua famiglia, mentre un’altra grande fetta sarà dedicata al contesto storico e politico entro cui si muovono i memorabili personaggi di Umberto Eco. Non ci sarà soltanto il giallo da risolvere, ma verranno attraversate anche molte delle tematiche filosofiche e politiche che hanno reso il romanzo uno dei più belli, e complessi, mai scritti.

È proprio la complessità narrativa del romanzo che fa ben sperare nella riuscita di una miniserie, che potrà approfondire molti degli aspetti lasciati in ombra dal film. Ci troviamo di fronte ad una storia già nota, eppure non vediamo l’ora di guardarla di nuovo scorrere sullo schermo: perché? Ironia della sorte, è stato lo stesso Umberto Eco, anni fa, a rispondere a questa domanda: la “serialità” fa parte della nostra cultura.

Umberto Eco e la serialità: fra passato e ripetizione

All’epoca in cui Eco si dedicava alle riflessioni sul seriale e sulla televisione, più o meno a partire dagli anni Sessanta, tale questione era per molti studiosi emblematica di una cultura che aveva esaurito se stessa e cercava, nelle forme della ripetizione e della riproposizione infinita delle narrazioni, nuovi modi per comunicare. Qualche anno dopo che McLuhan aveva parlato di “folklore dell’uomo industriale”, Eco iniziava a parlare di Superman e della “mitologia del fumetto”, fra le altre cose, ma anche di televisione e di serie tv: con l’acume e la vivacità che caratterizzava il suo pensiero, Eco è riuscito a spiegare, non senza un pizzico di critica, come alcuni fenomeni “pop” quali appunto le serie tv lungi dall’essere elementi trascurabili sono divenuti invece centrali nella nostra cultura.

L’uomo ha sempre raccontato storie: il fatto che scelga di farlo riproponendo narrazioni già scritte, cosa vuol dire? Vorrebbe poter dire, seguendo alcune indicazioni che Eco ha lasciato nei tanti saggi sull’argomento, che siamo una società che si nutre di narrazioni “senza memoria”, autoconclusive, che soddisfano quella fame di ridondanza che ormai ci caratterizza. A differenza dei suoi colleghi stranieri però, Eco ha aggiunto a questa riflessione elementi interessanti per oltrepassare la visione pessimistica: la stessa serialità può avere, se compresa, una forza creatrice del tutto nuova e strabiliante.

Il Nome della Rosa è serie tv: una sfida

Nello schema interpretativo formulato da Eco la serie tv ispirata a “Il nome della Rosa” si definirebbe, propriamente, un “ricalco”: una storia già scritta, che viene riproposta in veste nuova. Tuttavia, stando alle anticipazioni, essa vuole essere più una sfida che un annuncio di resa: uscire dal vortice della “serialità” è possibile, se si riesce a raccontare una storia come quella del romanzo conservandone il fascino e allo stesso tempo assegnandole un forte valore per il presente. La serie tv su “Il nome della Rosa” potrebbe essere una bella eccezione: non ci resta dunque che vederla.

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