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Il Museo d’Orsay si sposta a Roma

Van Gogh, Monet, Degas, Renoir, Gauguin e gli altri maestri francesi della Gare d’Orsay: fino all’8 giugno li trovate a Roma, al Complesso del Vittoriano, nella mostra “Musée d’Orsay. I capolavori”, che presenta circa 60 opere provenienti dall’amatissimo museo parigino.
A cura di Gabriella Valente
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Il Musée d’Orsay è in trasferta in Italia durante tutta la primavera capitolina.

Fino all’8 giugno vacanze romane, dunque, per Monet e colleghi. Una selezione di circa 60 opere ha viaggiato da Parigi a Roma: lasciate temporaneamente le rinnovate sale della struttura sulla riva della Senna, i dipinti sono stati allestiti presso il Complesso del Vittoriano, a dominare dal possente monumento ottocentesco tutta Piazza Venezia.

Degas, Ballerine che salgono una scala, 1886-90
Degas, Ballerine che salgono una scala, 1886-90

La mostra si intitola “Musée d’Orsay. Capolavori” ed è curata proprio da chi quei capolavori li conosce bene, ovvero il Presidente dei Musées d’Orsay et de l’Orangerie, Guy Cogeval, e il Direttore delle collezioni e conservatore del dipartimento di pittura del Musée d’Orsay, Xavier Rey. Felici del gemellaggio con Roma, i francesi hanno voluto offrire un “sunto” del proprio museo e della sua collezione al pubblico italiano che (chi l’avrebbe detto?!) rappresenta la fetta di visitatori più fedeli e più numerosi (in rapporto alla popolazione) del museo parigino.

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Inoltre il d’Orsay è fondamentalmente legato all’Italia sin dal momento della sua istituzione: è stata un’italiana infatti ad attuare la straordinaria trasformazione della Gare d’Orsay da stazione ferroviaria di inizio ‘900 a sede espositiva per opere delle collezioni nazionali francesi. Nel 1980 Gae Aulenti, con un progetto che è entrato nella storia, aveva vinto il concorso indetto per l’allestimento interno del museo; sei anni dopo, nel 1986, il museo veniva inaugurato. Foto d’epoca, disegni e progetti originali della risistemazione dell’affascinante struttura sulla Senna aprono la mostra romana in una interessante sezione dedicata alla storia del “contenitore” d’Orsay, esso stesso capolavoro.

Gauguin, Il pasto, 1891
Gauguin, Il pasto, 1891

Tornando alle opere contenute, l’esposizione capitolina riesce a intonare pienamente la “polifonia” delle collezioni del museo: la raccolta del d’Orsay, sin dalla sua nascita, andava a inserirsi nella cronologia della storia dell’arte tra il Louvre e il Centre Pompidou, esponendo quindi le opere delle collezioni pubbliche francesi comprese tra il 1848 e il 1914. Quest’arco di tempo, breve ma ricchissimo, che fece di Parigi il fulcro dell’innovazione artistica, è quello affrontato dalla Gare parigina e, di conseguenza, portato in mostra al Vittoriano.

Gonzalès, Un palco al Théatre des Italiens, 1874 ca.
Gonzalès, Un palco al Théatre des Italiens, 1874 ca.

“Capolavori” sì, ma – va detto – se ci si aspetta di ammirare, per esempio, l’Olympia o Le déjeuner sur l'herbe di Manet, I papaveri di Monet o Il ballo al Moulin de la Galette di Renoir, si potrebbe rimanere delusi. Sono comunque varie le opere note e meritevoli prestate a Roma, come, solo per citarne alcune, La rue Montorgueil e Il giardino dell’artista a Giverny (Monet), L’orchestra dell’Opéra e Ballerine che salgono una scala (Degas), Ragazze al pianoforte (Renoir).

Monet, Il giardino dell'artista a Giverny, 1900
Monet, Il giardino dell'artista a Giverny, 1900

Il grande merito della mostra al Vittoriano sta piuttosto nel suo essere precisa didatticamente e esemplificativa delle collezioni del museo protagonista. Le cinque sezioni della mostra raccontano come il d’Orsay sia la narrazione di anni cruciali per l’arte europea nel susseguirsi, incrociarsi e svilupparsi di fondamentali correnti e ricerche pittoriche. Non solo Impressionismo, dunque, ma, partendo dall’inizio, la pittura accademica dei Salons, erede del Neoclassicismo e del Romanticismo (Cabanel, Bouguereau); la pittura di paesaggio con la Scuola di Barbizon che inaugura una nuova visione e traghetta verso l’Impressionismo (Corot, Millet, Bazille, Pizarro, Sisley); le scene impressioniste della modernità, che rappresentano la città e la vita borghese; le immagini spirituali, interiori, decorative delle correnti simboliste (Redon, Vouillard, Denis); le ricerche post-impressioniste che aprono la strada alle avanguardie novecentesche (Signac, Seurat, Gauguin, Bonnard).

Cabanel, Tamara, 1875
Cabanel, Tamara, 1875

La selezione dei capolavori, in effetti, è esaustiva per la narrazione di un periodo così fervido della storia dell’arte; è completa la panoramica delle correnti che si sono incontrate, mescolate e influenzate nell’arco di 60 anni: accademismo, realismo, naturalismo, impressionismo, post-impressionismo, simbolismo, sono tutte ben rappresentate, in una passeggiata che si rivela per il visitatore utile e assolutamente dilettevole.

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