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Il lato oscuro del Prosecco

Nei vitigni del prosecco in Veneto, tonnellate di uva sono state lasciate sulle viti oppure distrutte dalle macchine vendemmiatrici. “Se c’è un eccesso di produzione – spiega il presidente del Consorzio di tutela – tutto il raccolto deve essere declassato, con un’ovvia perdita di valore”. Ecco perché gli agricoltori, piuttosto di perdere i lauti guadagni, hanno scelto di distruggere la quantità che sorpassava il limite di produzione. “E’ un fatto che deve far riflettere”, afferma Coldiretti.
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A cura di Mirko Bellis
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Vendemmia nel trevigiano (Coldiretti)
Vendemmia nel trevigiano (Coldiretti)

La vendemmia di uva da prosecco nel 2018 ha battuto tutti i record. Una quantità mai vista nei vigneti delle colline e campagne venete. Tanta, troppa uva. E così, di fronte all'eccesso di produzione, molti agricoltori hanno scelto di distruggere parte del loro raccolto. Qual è il motivo di una decisione apparentemente antieconomica? La prima risposta è da ricercare nel disciplinare del Consorzio di tutela del Prosecco Doc in cui viene fissato il limite massimo di produzione. La seconda, nei lauti guadagni generati dalle bollicine.

Stando alle informazioni raccolte dal Consorzio presso gli organismi preposti ai controlli, sembra proprio che alcuni viticoltori abbiano ecceduto il limite di produzione”, ammette a Fanpage.it Stefano Zanette, il presidente dell’organismo di tutela del Prosecco Doc. “Sappiamo che ci sono stati casi in cui l'uva non è stata raccolta o distrutta”, conferma Coldiretti Veneto. È impossibile avere un dato, sicuramente è la prima volta che avviene ed è per questo che ha fatto uno straordinario clamore. Noi stimiamo che siano un numero limitato, ciò non toglie che deve far riflettere molto”, è la risposta della confederazione di categoria.

Se c’è un eccesso di produzione – spiega Zanette – tutto il raccolto deve essere declassato. “La quantità in eccesso si intende quella che supera i 180 quintali di uva per ettaro, a cui si aggiunge il 20% per un totale di 216 quintali ad ettaro”, precisa. “Quando in vigna si rende evidente la possibilità che tali limiti possano essere superati, si dovrebbe provvedere al diradamento dei grappoli. Altrimenti non si potrà rivendicarla come Prosecco ma solo come glera, oppure si potrà destinarla a vino bianco generico, con ovvia contrazione del valore”. “Se quel produttore ha conferito uva che pensava atta a Prosecco – continua il presidente del Consorzio – ha implicitamente dichiarato il proprio errore e la sua impossibilità di rivendicarla come tale. Diversamente gli sarebbe convenuto raccogliere tutta la produzione per massimizzare il raccolto che ha un valore, in questo caso, attorno ai 25/30 centesimi”.

E’ proprio questo il punto: nel caso in cui l’agricoltore superi il limite permesso, tutto il suo raccolto sarà declassato e non solo l’eccedente. Per cui, se possiede un ettaro di vigneto di uva da prosecco, invece di ricevere 1,10 euro a chilogrammo (prezzo pagato quest’anno da alcune cantine), riceverà al massimo 30 centesimi. Con una produzione ad esempio di 300 quintali per ettaro, quindi ben al di sopra  dei limiti permessi, i conti sono presto fatti: nel primo caso, conferendo i 180 quintali di uva da prosecco riuscirà a intascarsi quasi 20.000 euro. Nella seconda ipotesi, ovvero quella di portare tutti i 300 quintali destinati ad un vino bianco generico, il guadagno sarà meno della metà. “Nel caso di oltrepassare il limite – aveva spiegato Giuseppe, un coltivatore del trevigiano – si è costretti a destinare l’intera produzione a vino di minore qualità. Ma nessuno vorrà farlo perché ci rimetterà: per cui rispetterà il limite e il resto lo distrugge”. “Da parte degli agricoltori che hanno superato il limite di produzione, però, non c’è stato dolo”, assicura l’agricoltore. “Un contadino può vedere durante la maturazione del suo vigneto che l’uva è abbondante ma non è in grado di stabilire esattamente quale sarà la quantità prodotta. Lo capisce solo una volta iniziata la vendemmia e dopo aver portato i carri in cantina”.

“I controlli dei Nas nelle cantine ci sono”, afferma Giuseppe. “I carabinieri di solito intervengono durante il conferimento dell’uva in cantina e misurano il grado Babo (l'unità di misura impiegata per definire il contenuto zuccherino presente in un mosto, ndr). Nel caso del prosecco, se è inferiore ai 14˚, quel mosto non potrà essere usato per il vino prosecco e dovrà andare ad altro uso. E c’è anche un altro aspetto da considerare: il livello di acidità del mosto, se è troppo basso bisogna correggerlo con acido tartarico”. Un’eventualità permessa dalla legge che, come si è visto con il maxi sequestro dei Nas avvenuto in due cantine di Valdobbiadene e Refrontolo, alcune aziende agricole avrebbero violato. Mezzi illeciti per far raggiungere il grado alcolico, con l’aggiunta di zucchero, e l’acidità necessari perché da quel mosto si ricavi il prosecco.

Grazie alle condizioni meteo eccellenti, i viticoltori assicurano che la qualità dell’uva, anche in presenza di una super produzione come quella del 2018, non ne ha risentito. “Basta che piova durante il periodo di vendemmia – sottolinea Giuseppe – perché l’uva da prosecco marcisca in fretta dovuto alla sua buccia molto sottile e delicata. Quest’anno, però, essendoci stato un gran sole in settembre, il grado zuccherino si è mantenuto alto lo stesso anche con una grande produzione”. L’annata, insomma, è stata straordinaria. Magari il prossimo anno le condizioni meteo non saranno così favorevoli e gli agricoltori vedranno una produzione limitata, però è lecito chiedersi: quanti viticoltori, dopo essersi accorti di aver superato il limite massimo di produzione, sono andati in cantina a dire che la loro uva avrebbe dovuto essere declassata con un evidente perdita di guadagno? Quanti invece hanno preferito distruggere l’eccesso di raccolto, come dimostrato in un video circolato in rete? “E’ un paradosso – conclude l’agricoltore – se i controlli fossero così stati capillari e avessero scoperto che il 90% dei viticoltori ha prodotto oltre il limite, quest’anno avremmo inondato il mercato di bianco generico e non ci sarebbe stata neanche una goccia di prosecco. E questo l’export italiano di vino, soprattutto di prosecco, non se lo può permettere”.

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