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Il governo ungherese odia la filosofia: rimossa la statua di Lukàcs, ebreo e marxista

Il governo ungherese di Orban ha deciso di rimuovere la statua del filosofo ungherese hegelo-marxista György Lukács, autore di pietre miliari della filosofia del Novecento. Un gesto criminale, che denota non solo ignoranza, ma anche un chiaro intento politico.
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A cura di Diego Fusaro
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La statua del filosofo György Lukács
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Vi sono notizie che, nel clamore mediatico generalizzato, passano quasi inosservate. Pochi o nessuno vi portano l’attenzione e, così, subito cadono nell’oblio. Tra queste, ve ne è in questi giorni una su cui pressoché nessuno ha richiamato l’attenzione. Il governo ungherese di Orban ha deciso di rimuovere la statua del filosofo ungherese hegelo-marxista György Lukács, autore di pietre miliari della filosofia del Novecento come “Storia e coscienza di classe” e “Ontologia dell’essere sociale”. La statua, situata presso il parco Szent István, sarà rimossa perché – si dice – il marxismo del pensatore ebreo Lukács non è propriamente gradito al governo di Orban.

Ora, cerco di fare astrazione, per quanto difficile, dalla passione filosofica che mi lega a Lukács, che ritengo, insieme con Heidegger, tra i massimi filosofi del “secolo breve”. E provo a dire perché si tratta a tutti gli effetti di un gesto criminale, che denota non solo ignoranza, ma anche un chiaro intento politico. E ci rivela, in fondo, la vera natura dei muri di Orban. Il quale si rivela l’altra faccia della medesima medaglia di cui è anche espressione il lacrimevole elogio dell’immigrazione fatto dalle sinistre: abbiamo la variante destra (idiotismo xenofobo) e la variante sinistra (elogio lacrimevole dell’immigrazione).

Orban – ripeto – è espressione del primo atteggiamento, ridicolo e patetico quanto il secondo. Alzare i muri per frenare i migranti è l’equivalente del voler svuotare il mare con un secchiello: l’immigrazione di massa come deportazione neoschiavile di massa si combatte combattendo il capitalismo finanziarizzato, che si giova dell’immigrazione di massa e la produce.

Orban, con i suoi muri, combatte solo gli effetti (colpendo, di fatto, i migranti e non chi li costringe in concreto a migrare). Per combattere le cause – questo il punto – dovrebbe ripartire da Lukács e dalla critica radicale e incondizionata del modo della produzione capitalistica, che invece Orban accetta senza coscienza infelice. Qui sta il paradosso. Ed è per questo che la rimozione della statua di Lukács è emblematica di una precisa linea politica, sciocca e inconcludente: che – è bene sottolinearlo – non combatte l’immigrazione come nuova schiavitù, ma solo i migranti. Non attacca chi getta nella disperazione i popoli, ma attacca solo i disperati. Insomma, Orban si sta rivelando un utile idiota del capitale. È, comunque, in buona compagnia.

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Sono nato a Torino nel 1983 e insegno Storia della filosofia in Università. Mi considero allievo indipendente di Hegel e di Marx. Intellettuale dissidente e non allineato, sono al di là di destra e sinistra, convinto che occorra continuare nella lotta politica e culturale che fu di Marx e di Gramsci, in nome dell’emancipazione umana e dei diritti sociali. Resto convinto che, in ogni ambito, la via regia consista nel pensare con la propria testa, senza curarsi dell’opinione pubblica e del coro virtuoso del politicamente corretto.
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