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Il concorso “pastrocchio” che imbarazza la Polizia: il muro del ministero e il rischio annullamento

Non si placano le polemiche sul concorso per 1.400 viceispettori della Polizia di Stato, bandito nell’ormai lontano 2013. Dopo che la commissione di verifica ha reputato non congruo il 24 per cento degli elaborati di chi ha passato il concorso, i deputati di Possibile hanno presentato una nuova interrogazione in commissione Affari costituzionali. Scontrandosi contro il muro del ministero: “Calpestate legalità e trasparenza”, afferma il deputato Andrea Maestri. E adesso anche il Movimento 5 stelle torna a interessarsi al caso.
A cura di Francesco Loiacono
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Il ministro dell'Interno Marco Minniti e il capo della Polizia Franco Gabrielli (Archivio LaPresse)
Il ministro dell'Interno Marco Minniti e il capo della Polizia Franco Gabrielli (Archivio LaPresse)

È ormai conosciuto come il concorso “pastrocchio" o “papocchio”. E adesso a queste non lusinghiere definizioni se ne aggiunge un’altra: un “concorsaccio”. Parliamo di quello bandito nel 2013 per 1.400 viceispettori della Polizia di Stato, la cui prova scritta – al centro di mille polemiche e ricorsi – si è tenuta il 29 gennaio del 2015. Un concorso al centro già di numerose interrogazioni parlamentari, l'ultima delle quali si è tenuta oggi, 13 dicembre, in commissione Affari costituzionali, alla Camera. I deputati di Possibile Celeste Costantino (prima firmataria) e Andrea Maestri (cofirmatario assieme a Luca Marcon, Nicola Fratoianni, Giuseppe Civati e Luca Pastorino), che già avevano chiesto conto al ministro dell'Interno Marco Minniti delle numerose irregolarità denunciate dai ricorrenti (511 persone, tutte poliziotti con almeno sette anni di carriera alle spalle), dopo gli ultimi sviluppi sulla vicenda sono tornati a chiedere spiegazioni, trovandosi però di fronte nuovamente il muro delle istituzioni.

Il ministero ha ribadito la linea dettata da Minniti lo scorso ottobre, derubricando a "errore fisiologico" quanto emerso dalla commissione di verifica (i cui atti sono stati inviati dal Tar ai ricorrenti dopo mesi) e richiamando due sentenze dello stesso tribunale amministrativo e un parere del Consiglio di Stato, che avevano giudicato insussistenti i motivi alla base dei ricorsi. Una risposta giudicata del tutto insoddisfacente dal deputato Maestri: "Sono totalmente e recisamente insoddisfatto. Il ministero fa muro, calpestando legalità, trasparenza, eguaglianza sostanziale, buon andamento. Giudico gravissimo che il ministero si rifiuti di esercitare l’autotutela amministrativa e difenda la sostanziale correttezza di quello che, parafrasando Carlo Emilio Gadda, ho definito ‘Il Concorsaccio brutto di Piazza del Viminale'".

Gli errori e gli strafalcioni delle prove scritte

Gli strafalcioni emersi nel corso della prova scritta sono ormai noti: se n’era già occupata nel 2016 anche Gaia Bozza per Fanpage.it. Negli elaborati ritenuti idonei c'è chi ha firmato la propria prova e chi ha “ringraziato per l'attenzione i commissari”: chiari segni distintivi, in teoria vietati. Senza contare i tanti errori ortografici e grammaticali (“perquotere”, “l’ascriminante”), costruzioni sintattiche sballate, citazioni sbagliate (“Estrema Orazio”) e soprattutto gli errori procedurali: come chi pensa si possa sparare alle gambe di un rapinatore disarmato in fuga. Chi ha scritto tutto questo, lo ricordiamo, sarà un futuro viceispettore della Polizia di Stato: un funzionario che a settembre ha iniziato a frequentare i corsi e tra sei mesi potrà firmare arresti e perquisizioni. Con una grossa spada di Damocle sulla testa di tutti i cittadini italiani: e cioè che quegli atti possano essere annullati. Già, perché quel concorso, definito prima "papocchio" e poi "pastrocchio" dallo stesso Capo della Polizia, Franco Gabrielli (in due diverse circostanze, a gennaio e a settembre di quest’anno), è una “patata bollente" che potrebbe diventare una vera e propria bomba a orologeria. Pronta ad esplodere quando – probabilmente nel primo semestre del 2018 – il Tar si pronuncerà nel merito dei ricorsi di chi ha partecipato al concorso e si ritiene ingiustamente escluso dalla prova orale.

Le conclusioni della commissione di verifica

"È una bomba atomica”, afferma l'avvocato Matteo Fiorio, uno che la divisa da poliziotto l'ha smessa proprio dopo la prova in questione e che ora rappresenta legalmente alcuni dei ricorrenti, che per chiedere giustizia hanno costituito l’associazione "Tutela & Trasparenza". Le parole dell’avvocato Fiorio sono corroborate da quanto emerso dagli atti della "commissione Piantedosi", organismo di verifica presieduto dall'attuale prefetto di Bologna i cui risultati, dopo lunghi mesi, sono stati finalmente resi noti ai ricorrenti a seguito di un pronunciamento in merito del Tar. È proprio dopo che i risultati della commissione sono stati resi accessibili che i deputati di Possibile sono tornati alla carica del ministro Minniti, ricevendo però ancora una risposta interlocutoria. Ma cosa dice di così eclatante la commissione Piantedosi? "Alla luce di una attenta analisi, dà un messaggio devastante – afferma Fiorio dati alla mano -: su un campione di 10 per cento dei temi idonei verificati (221, ndr) il 24 per cento di chi ora sta facendo il corso non avrebbe titolo a rivestire la qualifica di Vice Ispettore una volta terminatolo, in quanto il loro elaborato scritto è stato ritenuto non congruo per quanto riguarda la errata valutazione effettuata dalla Commissione Rosini (quella che ha corretto gli elaborati, ndr)".

Quasi un quarto degli elaborati ritenuti non idonei

Quasi un quarto degli elaborati, dunque, sono stati ritenuti non idonei: una percentuale non certo riconducibile a un errore fisiologico, come sostenuto dal ministero e confutato, tra le altre cose, da una perizia del professore Alessandro Polli (docente di Statistica alla Sapienza di Roma), che indica nel 5 per cento il valore soglia ritenuto errore fisiologico. Ma c’è di più: "Parimenti, per il 24 per cento dei cosiddetti ‘non idonei' e ricorrenti al Tar è stata accertata un’incongruità di valutazione nell’applicazione dei criteri da parte della Commissione Rosini", aggiunge Fiorio. La commissione presieduta dal prefetto Piantedosi aveva dunque suggerito, per salvaguardare il principio di uguaglianza sostanziale, di ricorreggere tutti gli elaborati dei ricorrenti. E il suggerimento è stato condiviso anche dall’Avvocatura dello Stato. La commissione Rosini si è però rifiutata di ricorreggere gli elaborati dei ricorrenti, scegliendo dunque di non usufruire di quella sorta di "scialuppa di salvataggio" offerta dalla commissione di verifica e dall’Avvocatura di Stato per non far naufragare il concorso nel mare periglioso dei ricorsi.

Due le strade che si prospettano dopo la risposta del ministero

Adesso, stante l’ultima risposta del ministero che sembra aver preso in considerazione solo alcune delle conclusioni della commissione Piantedosi (quelle funzionali alla propria presa di posizione), due sono le strade che si prospettano secondo Fiorio: l’annullamento totale del concorso per vizi sistemici o la ricorrezione dei 511 temi dei ricorrenti. In entrambi i casi la pubblica amministrazione ne uscirebbe con le ossa rotte: la prima soluzione sarebbe un vero e proprio terremoto perché, a meno che non si blocchino le nomine dei futuri viceispettori prima del pronunciamento del Tar, potrebbe portare come già detto all’annullamento degli atti da loro firmati. La seconda soluzione sarebbe all’insegna del compromesso: si lascerebbero "dentro" i candidati che sono passati nonostante gli errori (anche se, è bene ricordarlo, c’è anche chi ha passato il concorso con pieno merito), ma al tempo stesso si garantirebbe a chi è stato escluso in modo ingiusto di veder riparato il torto subìto. Quest’ultima strada potrebbe essere una classica soluzione "all'italiana", che non salverebbe comunque l’amministrazione da una figuraccia. Inoltre, come sottolinea amaramente Fiorio, "la pubblica amministrazione non può sempre ricorrere a compromessi". La battaglia per la trasparenza e la legalità dei ricorrenti è destinata ad andare avanti. Non solo aspettando l’esito dei ricorsi davanti al Tar, ma anche sul piano politico: oltre ai deputati di Possibile, anche il Movimento 5 stelle sembra deciso ad andare fino in fondo in una vicenda che, come dimostrano chiaramente le parole di Gabrielli, imbarazza la Polizia di Stato.

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