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Il bambino nato con l’eterologa sarà ufficialmente “figlio di due mamme”

Una coppia italiana sposata in Regno Unito aveva chiesto all’anagrafe di Venezia la trascrizione di un atto di nascita con l’indicazione di due mamme. I giudici avevano detto di no, ma la Suprema Corte ha ribaltato il giudizio sulla base “dell’interesse preminente del minore”.
A cura di Biagio Chiariello
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La Cassazione dà l’okay definitivo per l'iscrizione all'anagrafe di un bambino “figlio di due mamme”. Con la sentenza n.14878, la Suprema Corte ha infatti accolto la domanda di due donne italiane, sposate in Regno Unito, che hanno chiesto la rettifica dell'atto di nascita del loro figlio venuto al mondo tramite fecondazione eterologa sempre in Gran Bretagna. Il piccolo era stato registrato regolarmente in Italia con i soli dati della madre biologica, mentre l'ufficio dello stato civile britannico aveva registrato il bambino come figlio di entrambe le mamme. La coppia aveva quindi richiesto di fare altrettanto all'anagrafe di Venezia ricevendo un rifiuto. Per la Corte di Cassazione, invece, la richiesta della coppia "non è contraria all'ordine pubblico internazionale". Facendo leva sull’articolo 9 della legge n. 40 del 2014 in tema di fecondazione eterologa, ha stabilito che il bambino deve essere iscritto all'Anagrafe italiana come figlio di entrambe e portarne il cognome.

Guardando più nello specifico alla sentenza, i giudici hanno ribadito l'orientamento già espresso che fonda alla base di situazioni del genere "l'interesse preminente del minore". Inoltre, quanto alla nozione di "ordine pubblico", il giudice italiano "deve esaminare la contrarietà dell'atto estero" non solo con riferimento alla nostra Costituzione, ma anche alle dichiarazioni Onu dei diritti dell'uomo e del fanciullo e alle Convenzioni europee sullo stesso tema. Atti, tutti questi, che sanciscono "il diritto di sposarsi e formare una famiglia", il "rispetto della vita privata e familiare", "il divieto di ogni discriminazione fondata sul sesso e su ogni altra condizione" e "l'impegno ad eliminare gli ostacoli che impediscono lo sviluppo della persona umana, riguardante ogni individuo, in particolare quelli soggetti a discriminazione tra cui storicamente possono considerarsi le coppie omosessuali".

E' vero, scrive la Cassazione, "che la legge 40 prevede che i conviventi siano di sesso diverso e che la procreazione assistita si effettui solo in caso di sterilità della coppia", ma "trattandosi di fattispecie effettuata e perfezionata all'estero e certificata dall'atto di stato civile di uno Stato straniero, si deve necessariamente affermare che la trascrizione richiesta non è contraria all'ordine pubblico (internazionale)".

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