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“Ho visto una cisterna con 50 morti che galleggiavano”, i racconti choc dei bimbi Rohingya

Donne e bambini bruciati vivi, stupri diffusi e una cisterna piena di corpi senza vita. Sono solo alcuni degli orrori inimmaginabili che emergono dalle testimonianze strazianti dei bambini Rohingya in fuga dal Myanmar, raccolte nel nuovo rapporto di Save the Children.
A cura di Mirko Bellis
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Alcuni bambini Rohingya appena arrivati in un campo profughi in Bangladesh (Gettyimages)
Alcuni bambini Rohingya appena arrivati in un campo profughi in Bangladesh (Gettyimages)

“I militari hanno incendiato la nostra casa. Poi hanno iniziato ad uccidere le persone con un machete. Uomini, donne, bambini. Tutti quanti”. E’ il racconto di Hosan, un bambino Rohingya di 12 anni sfuggito alla persecuzione dell’esercito birmano. Hosan non è il suo vero nome però gli orrori ai quali ha assistito sono reali. Durante la sua fuga, si è fermato in un villaggio abbandonato nella speranza di trovare cibo e acqua. “A un certo punto mi sono avvicinato a una cisterna e ho visto che dentro c’erano almeno 50 corpi senza vita che vi galleggiavano. Non riesco a togliermi dalla testa la vista di quei corpi gonfi né l’odore di bruciato delle case date alle fiamme. Sono orrori che non dimenticherò mai”. In un rapporto pubblicato oggi dall’organizzazione umanitaria Save the Children sono raccolte le testimonianze di bambini, donne e uomini  della minoranza musulmana dei Rohingya in cui emergono le sistematiche violenze, gli stupri e gli sgomberi forzati di cui sono stati vittime. Dal 25 agosto scorso, quando è iniziata quella che le Nazioni Unite hanno definito un’operazione di pulizia etnica da manuale, oltre 600.000 Rohingya hanno trovato rifugio nel vicino Bangladesh. Un esodo che avviene ad una velocità che non accadeva dal genocidio ruandese del 1994. Tra i disperati costretti ad abbandonare le loro case almeno il 60% sono bambini.

Le esperienze vissute dai minori lasceranno un trauma indelebile. “Alcuni soldati hanno preso me e altre due ragazzine e ci hanno portato in una casa”, ricorda Shadibabiran una ragazzina di 16 anni. “Mi hanno colpito in faccia con un fucile, mi hanno preso a calci sul petto e mi hanno pestato braccia e gambe. Poi sono stata stuprata da tre soldati. Hanno abusato di me per circa due ore e in alcuni momenti sono svenuta”. I soldati le hanno spezzato una costola. “Mi faceva molto male e a stento riuscivo a respirare. Anche ora ho difficoltà respiratorie, ma non sono andata da un medico perché provo troppa vergogna”, ha raccontato la ragazza allo staff di Save the Children in Bangladesh.

Rehema, una giovane di 24 anni, ha assistito con i suoi occhi ad una scena orribile: una donna e il suo bambino bruciati vivi. “Ho visto un soldato cospargere di benzina una donna incinta e subito dopo darla alle fiamme. Ricordo anche un altro soldato che ha strappato un bambino dalle braccia di sua madre e l’ha scaraventato nel fuoco. Si chiamava Sahab e non aveva nemmeno un anno. Non potrò mai dimenticare le sue grida”. “Negli ultimi due anni, siamo dovuti fuggire da un villaggio all'altro”, prosegue la testimonianza di Rehema. “I militari continuavano a dirci che non avevamo il diritto di rimanere nel Myanmar. Sei settimane fa sono ritornati e hanno portato via 40 ragazze e donne. Non li abbiamo mai più rivisti”.

Hakim, padre di quattro figli piccoli, non potrà mai dimenticare il giorno in cui i soldati birmani sono arrivati nel suo villaggio. “Ci hanno detto di entrare in casa e di rimanere lì. Poi hanno appiccato il fuoco con noi ancora dentro. E' successo tutto così in fretta e siamo stati presi dal panico. La gonna di mia figlia di sei anni era in fiamme, così l'ho afferrata e l’ho portata fuori. Anche mia moglie è riuscita a fuggire con uno dei bambini però nel caos abbiamo perso gli altri due. Non so cosa gli sia successo, temo che sia morti bruciati vivi”.

Le brutali violenze contro i Rohingya sono state confermate anche da altre organizzazioni presenti sul terreno. Human Right Watch ha documentato attraverso immagini satellitari la distruzione di quasi 300 villaggi, dati alle fiamme per costringere alla fuga migliaia di persone. Secondo Amnesty International, la comunità musulmana dello Stato di Rakhine (ad ovest di Myanmar, l’ex Birmania) è vittima degli orrori più atroci, veri e propri crimini contro l’umanità. “Quasi ogni bambino con cui abbiamo parlato ha assistito a cose alle quali nessun minore al mondo dovrebbe essere esposto. Molti di loro sono profondamente traumatizzati da quello che hanno dovuto subire e ora stanno vivendo in un posto in cui nessun bambino dovrebbe vivere”, ha dichiarato Helle Thorning-Schmidt, Direttore Generale di Save the Children International, che recentemente ha visitato i rifugiati Rohingya a Cox’s Bazar, in Bangladesh.

La prossima settimana si terrà nella capitale del Myanmar una riunione dei ministri degli esteri di Europa, Asia, Australia e Nuova Zelanda. Per Save the Children, la comunità internazionale deve agire immediatamente per fermare le violenze contro i Rohingya. Una posizione ferma di condanna – conclude l’organizzazione internazionale – è necessaria affinché i responsabili di questi orrori vengano assicurati alla giustizia e venga garantito l’accesso umanitario senza ostacoli nel nord dello Stato di Rakhine. Una misura indispensabile per assicurare la necessaria assistenza alle migliaia di bambini traumatizzati.

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