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“Ho violentato più di 200 donne”, la disgustosa confessione di un boia Isis: “È normale”

“Lo stupro è una necessità per i ragazzi”, ha confessato un miliziano dell’Isis catturato dai curdi. In un’intervista a Reuters, Amar Hussein ha ammesso di aver violentato oltre duecento donne yazide. Sono ancora più di 2600 i prigionieri di questa minoranza religiosa in mano agli estremisti dello Stato islamico, soprattutto donne e ragazze minorenni.
A cura di Mirko Bellis
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“Ho stuprato più di duecento donne”, ha confessato Amar Hussein, un miliziano dello Stato islamico catturato dai curdi nell'ottobre scorso durante la battaglia di Kirkuk. Secondo quanto riporta l’agenzia Reuters – che ha avuto accesso alla prigione dov'è detenuto il jihadista – Hussein non mostra alcun segno di pentimento. Per questo ragazzo di soli 21 anni originario di Mosul era “normale” abusare sessualmente delle donne della minoranza degli yazidi del Kurdistan iracheno. Erano gli stessi comandanti locali che incitavano i miliziani a violentare tutte le donne che desideravano. “E’ una necessità per i ragazzi. E’ normale”, ha ammesso durante l’intervista a Reuters. Hussein ha ricordato come gli uomini del Califfato, durante la loro avanzata nel nord dell’Iraq, appena conquistavano una città si dedicavano agli stupri sistematici casa per casa delle donne yazide e di altre minoranze. A Hussein – reclutato nelle fila dell’Isis nel 2013 – sono stati i suoi capi ad insegnare ad uccidere: “La prima volta è stato difficile, però giorno dopo giorno diventa sempre più semplice”. Per questo combattente islamico anche le esecuzioni con un colpo alla testa o le decapitazioni erano un aspetto “normale” della sua vita da jihadista. “Sette, otto anche dieci alla volta – ha proseguito – li portavamo nel deserto e li ammazzavamo”.

Nel 2014, il gruppo terrorista era riuscito a conquistare velocemente il nord dell’Iraq e molte donne yazide sono state ridotte a schiave sessuali dagli uomini di Al Baghdadi. Un’inchiesta del New York Times del 2015, aveva svelato che l'Isis pianificò nei minimi dettagli il rapimento e la violenza carnale di centinaia di donne. Nella loro “teologia dello stupro” – come è stata definita dalla giornalista del Nyt – i vertici dello Stato islamico non solo tolleravano gli abusi sulle "infedeli", ma addirittura li incoraggiavano. I combattenti islamici avevano anche il diritto di vendere le donne loro prigioniere e i prezzi venivano fissati dall'organizzazione. Nel 2015, era stata scoperta una copia del “listino del sesso” dello Stato Islamico: un bambino di età compresa tra 1 e 9 anni “costava” circa 165 dollari, le adolescenti 124; le donne sopra i 40 anni, invece, avevano un prezzo minimo di 41 dollari. "Le ragazze vengono vendute come fossero barili di petrolio”, dichiarò Zainab Bangura, rappresentante speciale delle Nazioni Unite per la violenza sessuale nei conflitti armati. "Una ragazza può essere venduta e riacquistata anche da cinque o sei uomini diversi – aveva aggiunto Bangura – e le famiglie sono costrette a pagare migliaia di dollari di riscatto".

Circostanze confermate dai racconti delle donne fuggite ai loro rapitori. Lamiya Aji Bashar, vincitrice del Premio Sakharov per la libertà di pensiero nel 2016, dopo essere stata sequestrata dagli estremisti del Califfato è stata condotta a Raqqa, in Siria, e trasformata in oggetto sessuale per il piacere dei suoi aguzzini. Oppure la drammatica testimonianza di Nadia Murad, la giovane yazida nominata ambasciatrice Onu per la dignità dei sopravvissuti alla tratta di esseri umani. Murad raccontò davanti al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite la sua terribile vicenda: nell'agosto del 2014, Nadia era una studentessa di 21 anni quando l'Isis giunse nel suo villaggio nel Sinjar, a nord dell’Iraq. Dopo aver compiuto una carneficina, i terroristi la sequestrarono e, assieme a moltissime donne yazide, fu portata a Mosul, dove divenne una schiava sessuale. Le prove delle sistematiche violenze sessuali dei jihadisti sulle donne irachene sono state raccolte anche da diversi gruppi per i diritti umani come Human Right Watch e Amnesty international.

Le forze di sicurezza curde che hanno arrestato Hussein sono certi della sua colpevolezza anche se non sono ancora in grado di determinare quante siano le vittime di questo stupratore seriale. La stessa Reuters riconosce che non è possibile verificare in modo indipendente le dichiarazioni del jihadista però la sua confessione aggiunge ulteriori informazioni sui crimini compiuti in questi anni dallo Stato islamico. Le autorità del Kurdistan hanno fatto sapere che almeno 150 donne e bambini della minoranza yazida sono stati liberati da quando è iniziata l’offensiva per strappare Mosul dal controllo del Califfato. Sarebbero però oltre 2600 i prigionieri yazidi ancora in mano agli estremisti dell'Isis, soprattutto donne e ragazze minorenni.

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