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Giornalista del Tg2 e figlia inseguite da un uomo armato di pugnale: “Chi ci proteggerà?”

“Devo la vita alla mia bambina di sette anni che si è messa a gridare”, riconosce la donna, che grazie all’allarme lanciato dalla piccola ha potuto vedere in tempo l’uomo avvicinarsi, mentre brandiva un pugnale con una lama di circa 30 centimetri.
A cura di Redazione
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Christiana Ruggeri.
Christiana Ruggeri.

Nei pressi della sua abitazione a Roma Christiana Ruggeri, giornalista della redazione esteri del Tg2, stava adagiando la figlia sul seggiolino posteriore dell'auto, quando la piccola – fissando lo sguardo alle spalle della genitrice – ha cominciato a gridare "Ti ammazza, mamma, ti ammazza!". Così racconta al Corriere della Sera la donna, che ha sporto regolare denuncia al Commissariato Fidene-Serpentara a Roma, ma che, allo stesso tempo, ammette di non sentirsi al sicuro finché le autorità non rintracciano l'aggressore. Ruggeri, dopo l'allarme lanciato dalla figlia, fa il giro dell'auto, sale al posto di guida e chiude le portiere. L'aggressore, brandendo un pugnale dalla lama di circa 30 centimetri, tenta di sfondare i vetri e il parabrezza, ma "ho messo in moto e sono partita – riferisce la donna – e lui dietro a piedi, per 200 metri, con il pugnale in mano".

L'uomo è noto alla giornalista: si tratta di un afgano regolarmente in Italia, ex compagno della tata che lavora per la donna. Secondo l'aggressore, la "responsabilità" della giornalista sarebbe stata quella di aver convinto la dipendente della giornalista a lasciarlo perché violento. Una convinzione maturata nonostante la Ruggeri abbia riferito di aver parlato con lui, in passato, per assicurargli di non aver alcuna responsabilità della decisione della tata. Ciononostante il movente sarebbe stato questo e avrebbe portato l'uomo a un'aggressione che, secondo la giornalista, sarebbe stato finalizzato a "ucciderci tutt'e due", madre e figlia.

"Devo la vita alla mia bambina di sette anni che si è messa a gridare", ricorda ancora la giornalista, ribadendo però che l'uomo è "ancora in giro e adesso abbiamo davvero paura". Per questo motivo, essere sopravvissute all'aggressione non basta a chiudere un incubo che "non è ancora finito". La giornalista, dopo la denuncia, affida parte dello sfogo a un post su Facebook, nel quale ringrazia la Polizia per l'intervento e il supporto psicologico, ma si chiede anche "chi proteggerà da questo violento e pericoloso individuo, me e la mia bambina? Ha cercato di ucciderci: non basta? Che venga assicurato alla giustizia".

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