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Garantismo for dummies: il Diritto spiegato a Marco Travaglio

Garantismo for dummies: lo Stato di Diritto spiegato al giustizialista Marco Travaglio che calpesta la presunzione d’innocenza definendola “un gargarismo”.
A cura di Charlotte Matteini
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“La presunzione d’innocenza è un gargarismo” ha sentenziato Travaglio pochi giorni fa, scontrandosi con Elisa Serafini che gli ricordava che la Costituzione più bella del Mondo, la Costituzione che lui tanto difende, assicura a tutti gli imputati il diritto alla presunzione di non colpevolezza fino a condanna definitiva. “Stai dicendo cretinate” ha aggiunto, non contento. Al solo sentir pronunciare quella frase, io son rimasta atterrita.
Una lapidaria sconfessione del principio fondante dello Stato di Diritto. Trent’anni di battaglie Radicali distrutte in 30 secondi di diretta televisiva. Aberrante. Non solo, in uno dei suoi ultimi editoriali pubblicato sul Fatto Quotidiano,”Mazzetta stai Serenissima”, Travaglio addirittura arriva ad auspicare una serie di interventi e rivisitazioni dei dettami costituzionali che a suo dire servirebbero ad arginare il fenomeno della corruzione:

Imporre a chi vuole concorrere ad appalti una dichiarazione in cui accettano di essere intercettati, a prescindere da ipotesi di reato

Introdurre gli agenti provocatori per saggiare la correttezza dei pubblici amministratori

Anche l’art.27 della Costituzione, quello della presunzione di non colpevolezza, diventa una barzelletta se si leggono le carte delle indagini su Expo e sul Mose, dove i protagonisti delinquono in diretta telefonica, o a favore di telecamera: non c’è bisogno della Cassazione, e nemmeno della sentenza di primo grado, per capire che rubavano davvero.

E la chicca delle chicche:

A certi livelli non esistono innocenti, solo colpevoli non ancora presi

Un vero e proprio “Manifesto del forcaiolo”, come l’ha giustamente ribattezzato Filippo Facci. Insomma, per Travaglio sono tutti colpevoli oltre ogni ragionevole dubbio. Secoli di dottrina liberale buttati nel cesso da un forcaiolo del ventunesimo secolo che, ironia della sorte, da decenni si autodefinisce con orgoglio "liberal-montanelliano", non si capisce per quale motivo visto che con il pensiero liberale e Montanelliano nulla ha in comune.
Altro che Robespierre e il regime del Terrore. Nulla in confronto a ciò che vorrebbe nostro signor Travaglio l’infallibile.  un avviso di garanzia equivale ad una condanna senza appello. Le carte delle indagini preliminari, per lui, sono sentenze. I Magistrati, déi infallibili. Processi equi? Una perdita di tempo. Carcerazione preventiva? Non un’aberrazione giuridica, ma pratica auspicabile. Diritto alla difesa? Inutile favoritismo.

Per Travaglio il garantismo è una sorta di impiccio. Per Travaglio, insomma, garantismo è sinonimo di impunità e di difesa dei delinquenti. Per il giustizialista Travaglio, è giustizia solo ciò che finisce in condanna. Altrimenti è malagiustizia, evidentemente. Probabilmente Travaglio cancellerebbe con un tratto di penna anche il “reinserimento” di un condannato nella società. Fine pena: mai. Pagherete caro, pagherete tutto, pagherete per sempre.
Per Travaglio, essere imputati o addirittura apparire nelle carte d’inchiesta senza però essere indagati, è un marchio d’infamia che va punito non solo con la condanna giudiziaria, ma ancor prima con la gogna mediatica e il pubblico ludibrio, servendosi di irrisioni e torbide supposizioni che sconfinano dal seminato delle carte d’indagine e vanno a pescare nella vita privata dei malcapitati. A volte, spesso, si tratta di illazioni senza fondamento. E non lo dico solo io, ma piuttosto i Magistrati che hanno più volte condannato per diffamazione Marco Travaglio.

Mi spiace deludere il forcaiolo Travaglio, ma il garantismo che lui tanto osteggia, è ben altro che un gargarismo. Nessun garantista nega l’esistenza del fenomeno corruzione in Italia, nessun garantista difende queste pratiche, nessun garantista difende l’impunità di chi effettivamente ha commesso dei reati. Al contrario, il garantista si batte per una giustizia giusta, che condanni chi delinque, ma si batte perché queste condanne vengano emesse solo dopo un processo, in presenza di prove certe e indiscutibili. A prova di errore giudiziario. Il garantista difende dei principi che impongono il rispetto delle libertà fondamentali degli individui tutti, sanciti dalla Costituzione e dalla Cedu, quali il diritto a un giusto processo, la presunzione di innocenza e di non colpevolezza, il diritto alla difesa, il diritto a una condanna equa e proporzionata, il reinserimento del reo nella società a fine pena e il divieto di tortura. E la gogna mediatica, quella “macchina del fango” che si avvia in maniera preventiva senza che il processo abbia nemmeno avuto modo di approdare nelle aule del Tribunale competente, è una tortura. Un’infame tortura di cui lui è il primo sostenitore.

“Al di là di ogni ragionevole dubbio” non è un inutile orpello garantista che rallenta la giustizia, ma al contrario è una delle poche garanzie di equità di fronte ad una legge che dovrebbe essere uguale per tutti, ma nei fatti non lo è.
Ma chissà, forse il Travaglio avrebbe condannato senza appello anche Enzo Tortora, protagonista di uno dei casi di malagiustizia all’italiana più aberranti che io ricordi. Anche all'epoca alcuni giornalisti lapidarono mediaticamente il presentatore, che sembrava a tutti gli effetti colpevole, ma che poi si rivelò totalmente estraneo ai fatti e assolutamente innocente.
L’ho sempre detto e lo ripeto nuovamente: la malagiustizia è un cancro che può colpire tutti. Anche e soprattutto gli innocenti. E di orrori giudiziari all’italiana a supporto della battaglia garantista ne abbiamo fin troppi. Purtroppo.

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