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Fondi Lega, i pm cercano i soldi in Lussemburgo: spunta l’ipotesi riciclaggio

I giudici di Genova cercano i 49 milioni di euro che la Lega deve restituire allo Stato per la truffa dei rimborsi elettorali in Lussemburgo. Questa è la nuova pista che stanno seguendo, ipotizzando che parte di quei soldi possa essere entrata in Lussemburgo e poi tornata in altro modo in Italia: si valuta, quindi, l’ipotesi di riciclaggio.
A cura di Stefano Rizzuti
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I giudici di Genova seguono nuove piste per quanto riguarda i 49 milioni di euro che la Lega deve restituire allo Stato in seguito alla truffa dei rimborsi elettorali del periodo 2008-2010. E la principale di queste piste porta al Lussemburgo: il procuratore aggiunto Francesco Pinto e la pm Paola Calleri, insieme al colonnello Maurizio Cintura, capo del nucleo di polizia tributaria di Genova, hanno passato due giorni in Lussemburgo per ottenere una rogatoria e cercare di confermare un’ipotesi attualmente al vaglio. Ovvero che parte dei 49 milioni di euro che andrebbero restituiti sarebbero finiti in un fondo lussemburghese. I pm genovesi hanno quindi analizzato i documenti del fondo Pharus Management, una società di gestione patrimoniale.

L’indagine in Lussemburgo nasce dall’esposto presentato da Stefano Aldovisi, uno dei tre revisori dei conti della Lega condannati insieme a Umberto Bossi e all’ex tesoriere Francesco Belsito, nel dicembre del 2017. Come spiega il Corriere della Sera, Aldovisi ha sostanzialmente invitato i magistrati a indagare sui flussi di denaro che avrebbero svuotato le casse di partito. E da qui, come spiegano alcuni giornali questa mattina in edicola, sarebbe nata l’ipotesi Lussemburgo. Nell’esposto Aldovisi denunciava il fatto che a fine 2012 nelle casse del partito c’erano 40 milioni. Ma nel settembre 2017 ne sono stati trovati solo tre.

È proprio quando Bossi non è più segretario che circa 10 milioni di euro sarebbero stati trasferiti dalle casse della Lega ad altri conti correnti bancari, prima di essere dispersi – spiega Repubblica – ad alcune fiduciarie riconducibili a soggetti considerati vicini alla Lega. Quei soldi rientrano poi in un conto in transito della Cassa di Risparmio di Bolzano. Tutto ciò sarebbe avvenuto durante le gestioni di Roberto Maroni e Matteo Salvini e non con Bossi segretario. A questo punto entra in gioco la Sparkasse, che investe dieci milioni nel fondo Pharus e tre milioni tornano in Italia a inizio anno. La Sparkasse spiega che sono “investimenti della banca che non appartengono ad alcun cliente”.

C’è poi un altro capitolo che parte da Roma. La procura capitolina, infatti, ha trasmesso a quella di Genova il fascicolo su un episodio risalente a fine 2015. Parliamo del finanziamento di 250mila euro provenienti da una delle società di Luca Parnasi, il costruttore arrestato per corruzione nell’inchiesta sullo stadio della Roma, e versati all’associazione Più Voci, una onlus della galassia leghista. Ufficialmente quei soldi sono stati versati come inserzioni pubblicitarie, ma l’ipotesi è che in realtà si tratti di un finanziamento. Intanto, si attende la risposta degli avvocati della Lega alla proposta avanzata dalla procura di rateizzare i 49 milioni di euro che il Carroccio deve restituire: il sequestro è diventato operativo dopo la sentenza del tribunale del riesame degli scorsi giorni.

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