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Fine del Quantitative Easing: cosa significa e che rischi ci sono per l’Italia

Cosa succederà con la fine del Quantitative Easing nel nostro Paese? Quali saranno gli scenari più plausibili nel momento in cui si fermerà l’iniezione di liquidità della Banca Centrale Europea? Proviamo a capire quali saranno le conseguenze della decisione di Mario Draghi e cosa il nostro Paese dovrebbe fare.
A cura di Domenico Martino
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Cosa succederà alle finanze dell'Italia quando Draghi porrà fine al Quantitative Easing? È la domanda più frequente che investitori e curiosi di economia si pongono e, anche se rispondere non è facile, chiarendo dei concetti economici basilari e ripercorrendo la storia recente si può individuare uno scenario di cosa può succedere al debito pubblico italiano. La Grande Crisi del 2007 ha messo a dura prova le finanze pubbliche, in quanto gli Stati hanno avuto l'onere di sostenere economicamente disoccupati e aziende per evitare una recessione ancor più violenta di quella che poi si è registrata. Il costo da pagare è stato l'aumento vertiginoso del debito pubblico, diventato difficile da sostenere e, pertanto, molto rischioso fino alla possibilità che alcuni Paesi potessero fallire.

Funzionamento QE
Funzionamento QE

Il QE ha permesso l'iniezione di denaro nel sistema economico da parte della Banca Centrale, che attraverso l'acquisto di titoli del debito pubblico ha permesso agli Stati di finanziarsi a bassissimo costo ed attuare così politiche che contrastassero i bassi livelli dei prezzi. I prezzi, infatti, a seguito della riduzione della domanda (per le difficoltà in cui si è ritrovata parte della popolazione) sono diminuiti e rischiavano di scendere ad un livello non più accettabile, ovvero tale da non garantire che le aziende avessero ricavi sufficienti per coprire i costi degli impiegati e  della produzione: se i prezzi si abbassano al di sotto dei costi, le aziende non sono in grado di sostenersi e chiudono o falliscono.

L'introduzione più importante del QE è partita dagli USA nel 2008 e, dopo il famoso "whatever it takes", Draghi annuncia nel 2015 il QE europeo.

it.global-rates.com
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La conseguenza tangibile del QE è stata l'azzeramento dei tassi di interesse pagati sui titoli di Stato, come i Bot o i BTP, e il mantenimento minimo del livello dei prezzi. Vuol dire che lo Stato italiano per prendere a prestito il denaro da impiegare nella spesa pubblica per infrastrutture, pensioni, università, sanità, difesa, sostiene un costo vicino allo 0%, rispetto al  7% del 2011.

Quindi l'effetto più importante del QE è stato quello di garantire la liquidità allo Stato a un tasso molto basso per finanziare la spesa pubblica per i cittadini, nonostante un debito pubblico elevato e rischioso.

Cosa succederà dal 2019? Dal nuovo anno gli acquisti di debito pubblico italiano da parte della BCE non ci saranno più, per cui  la sottoscrizione del debito potrà avvenire solo da parte soggetti privati. Questi ultimi, non essendo obbligati a comprare i titoli pubblici, chiederanno in cambio un tasso di interesse più appetibile, provocandone un aumento con il pericolo di far diventare troppo rischioso e insostenibile il debito pubblico.

Chiariamo con un esempio: lo Stato funziona come una famiglia. Poniamo che questa famiglia abbia entrate per 2000 euro al mese, ne spenda 1500 per le spese di tutti i giorni e 500 euro per il mutuo, voglia comprare una nuova auto e quindi acceda ad un nuovo prestito per 300 euro al mese. La famiglia da ora dovrà privarsi dei 500 euro per il mutuo più 300 euro per il prestito e dovrà ridurre le spese quotidiane a 1200 euro. Questo ci fa capire che all'aumento dell'indebitamento corrisponde un taglio delle spese per mangiare o pagare le bollette. Lo Stato funziona in modo simile, ovvero se non aumentano le entrate attraverso la tassazione, es. perché l'economia va bene e le aziende guadagnano di più e vengono tassate di più, vengono assunte nuove persone che pagano più tasse, oppure non diminuiscono i debiti, si dovranno tagliare le spese come sanità, istruzione, difesa, pensioni.

In sostanza, gli scenari che si possono verificare in linea di massima sono due, ovvero o l'economia del Belpaese cresce abbastanza o va incontro a un potenziale fallimento.

Se non vi saranno riforme strutturali in grado di sostenere e accompagnare la crescita economica, il rischio che si corre è quello che i creditori chiederanno interessi troppo elevati che non permetteranno di onorare la restituzione del debito pubblico. Non onorare il debito pubblico comporta a sua volta il fallimento dello Stato e la sospensione di tutti i servizi erogati.

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