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Falconara, gli ostaggi della raffineria Api: “Chiusi in casa per non respirare veleni”

A Falconara (Ancona) oltre alle case vista mare ci sono le case vista raffineria. Un enorme impianto in attività da 50 e passa anni, con uno stop nel 2013. La storica torcia dell’Api, invece, è ancora lì, accesa. Gli operai sono salvi, ma la popolazione è esposta a dei rischi. Rischio esalazioni, rischio inquinamento dell’aria, dell’acqua della falda e del suolo. Diversi studi hanno testimoniato la presenza di sostanze inquinanti, xileni soprattutto. E un’ampia zona della città è classificata da anni tra i siti di interesse nazionale del ministero dell’ambiente.
A cura di Leila Ben Salah
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Falconara, provincia di Ancona, qui ci sono case che si affacciano direttamente sui grossi silos della raffineria Api. “Quando tira il vento verso questa direzione – ci dicono gli abitanti della zona – dobbiamo tenere chiuse le finestre”. Settecentomila metri quadrati di superficie, in attività dagli anni ’50, 1500 persone che lavorano direttamente e indirettamente nell’indotto del grande petrolchimico marchigiano, ma vivere qui a due passi dalla raffineria non è cosa semplice. I cittadini e i comitati, come l’associazione Onda Verde, lamentano da tempo esalazioni e inquinamento dell’aria, dell’acqua della falda e del suolo. Molti hanno fatto delle indagini, anche a proprie spese e sui propri pozzi a pochi metri dall’impianto. E le analisi confermano i dubbi dei cittadini.

Abitare a due passi dalla raffineria

“Non so se andremo mai via di qua – confessa Loris Calcina, presidente dell’associazione Onda Verde – anche perché ormai le case qui non valgono più niente”. Difficile spostarsi dunque, ma è difficile anche convivere con questa presenza ingombrante. Diversi studi hanno testimoniato la presenza di sostanze inquinanti, xileni soprattutto. E un’ampia zona della città è classificata da anni tra i siti di interesse nazionale del ministero dell’ambiente. Molti qua intorno si sono ammalati di tumore, anche se è difficile stabilire un’equazione perfetta di causa-effetto tra la presenza ingombrante della raffineria e le malattie di molti falconaresi.
Di certo nel 2011 l’Istituto nazionale dei Tumori di Milano ha condotto un’indagine analitica, in collaborazione con Arpa Marche (su richiesta della Regione Marche), per accertare se vi fosse stato nel tempo un eccesso di decessi per leucemie e linfomi Non Hodgking sulla popolazione residente potenzialmente causato dalla presenza di un petrolchimico. Si tratta di due patologie strettamente legate all’esposizione di benzene. Ebbene nel rapporto viene accertato un eccesso di decessi per coloro che per più tempo (oltre dieci anni) hanno risieduto nelle vicinanze del petrolchimico (in un raggio di 4 km). Ma altri studi successivi, invece, tendono a non stabilire una diretta correlazione fra malattie e presenza della raffineria.
C’è da dire che l’aria che si respira a Falconara non è tutti i giorni così fresca e pulita. Capita come nei giorni scorsi che improvvisamente dal camino della raffineria esca del fumo nero e gli abitanti si allarmino.

La risposta dell’Api

Dal canto suo, l’Api si difende dicendo che vengono rispettati tutti i limiti di legge. "Io le posso dire con tranquillità che i limiti imposti sono assolutamente rispettati". Così l'amministratore delegato dell'Api di Falconara Giancarlo Cogliati. Ma le ultime indagini del Noe dei carabinieri di Ancona sulla raffineria Api lanciano accuse precise, sono stati emessi avvisi di garanzia a carico dell’amministratore delegato e del responsabile ufficio ambiente e sicurezza dell’Api, si parla chiaramente di violazioni delle normative ambientali. Li si accusa di aver deteriorato “abusivamente e significativamente in maniera misurabile la qualità dell’aria di Falconara”, nonché di "non aver adottato le misure previste dal piano di emergenza interno omettendo di comunicare alle autorità non appena sono venuti a conoscenza degli incidenti l’evento dell’emissione incontrollata in atmosfera di gas pericolosi ricadenti sul centro abitato falconarese". "Non sono molto preoccupati degli esiti dell'inchiesta – dice Cogliati – perché siamo assolutamente certi di aver sempre seguito le norme e le leggi che ci governano”.

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