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Terremoto in Turchia e Siria

Un mese fa il terremoto in Turchia e Siria: si scava ancora alla ricerca di migliaia di dispersi

È passato esattamente un mese dal terremoto che ha devastato il sud della Turchia e nord della Siria: il bilancio è di almeno 50mila morti, ma migliaia di persone sono ancora disperse.
A cura di Davide Falcioni
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Erano le 4 e 17 del mattino di lunedì 6 febbraio quando una scossa di terremoto di magnitudo 7.8 ha devastato il sud della Turchia e il nord della Siria: il bilancio, a un mese dal sisma, è di almeno 50mila morti, 214mila edifici distrutti e milioni di persone che hanno perso la casa e continuano ad avere urgente bisogno d'aiuto.

Il numero delle vittime, tuttavia, è destinato ad aumentare sensibilmente perché sono ancora moltissimi i dispersi e i cadaveri che non sono stati identificati. In tutto il "cratere" sismico continuano le scosse di assestamento e i crolli e sono migliaia le persone che cercano disperatamente i loro cari tra le macerie, in quella che non è esagerato definire la catastrofe naturale più grave degli ultimi anni. Alla domanda della Deutsche Welle su quante persone manchino all'appello il governo turco non ha saputo fornire alcuna risposta: un silenzio che racconta più di molte parole.

Centinaia di arresti per abusivismo edilizio

La magnitudo del terremoto è stata oggettivamente devastante, ma ad amplificarne le conseguenze è stato il diffusissimo abusivismo edilizio: decine di migliaia di case e palazzi che si supponeva fossero stati costruiti con criteri antisismici sono crollati andando letteralmente in frantumi, una circostanza che ha sommato al dolore la rabbia. Sempre più persone in Turchia si domandano perché non siano stati effettuati controlli e con il passare dei giorni sta emergendo che in molti casi le imprese edili non hanno rispettato le norme costruttive vigenti. Ad oggi, quasi mille persone sono formalmente sospettate di aver aggirato i regolamenti edilizi, almeno 235 costruttori sono stati arrestati e altri 330 sono indagati, mentre sono stati emessi mandati di cattura per altri 270 imprenditori.

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L'autorità turca per la gestione dei disastri e delle emergenze aveva da tempo avvertito delle conseguenze potenzialmente catastrofiche di un terremoto, preparando dei piani specifici nel 2021 finalizzati a ridurre i rischi dei disastri naturali. Nel 2020, era stato previsto che si sarebbe verificato un terremoto di magnitudo 7,5 proprio nella provincia di Kahramanmaras. Quella previsione si sarebbe avverata il 6 febbraio 2023.

La ricostruzione, un'opera da almeno 32,5 miliardi di euro

E mentre si scava ancora tra le macerie alla ricerca di corpi, la Turchia si appresta ad andare al voto: il 14 maggio, infatti, si terranno le elezioni presidenziali ed inevitabilmente parte della campagna elettorale sarà incentrata sulla ricostruzione post sisma, un'opera mastodontica che arriva nel bel mezzo di una profonda crisi economica. La Banca Mondiale ha calcolato che il terremoto ha causato danni materiali per almeno 34,2 miliardi di dollari (32,5 miliardi di euro). Secondo l'Ufficio statistico turco, circa 14 milioni di persone vivono nelle 11 principali città del "cratere".

In Siria scarseggiano gli aiuti umanitari nelle regioni terremotate

Se la situazione è molto difficile in Turchia, in Siria è notevolmente peggiore: i terremoti dell'ultimo mese sono stati il colpo di grazia per un territorio già devastato da 12 anni di guerra civile condotta dal regime di Bashar al Assad con l'appoggio di Russia e Iran. Anche per questo da quel Paese le informazioni arrivate sono state scarne. L'ONU ha stimato che circa 8,8 milioni di persone sono state coinvolte dalla catastrofe naturale, molte delle quali ora sono senzatetto. Ufficialmente, la Siria ha riportato 5.900 morti, ma la cifra reale è probabilmente molto più alta.

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In questo quadro, con i confini internazionali bloccati, molti siriani non hanno ricevuto aiuti umanitari perché importanti porzioni della zona sismica non sono sotto il pieno controllo del regime. La città di Idlib, ad esempio, è di fatto l'ultima roccaforte dei ribelli e vi abitano oltre 2 milioni di persone. Gli osservatori internazionali hanno detto che gli aiuti ufficiali non sono mai arrivati fin qui.

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