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Caso Regeni, news sulle indagini

Regeni non era una spia: cosa dicono gli ultimi messaggi che Giulio ha mandato a un amico

Uno scambio di messaggi attraverso Facebook avvenuto tra Giulio Regeni e un suo amico evidenzia i timori del ricercatore italiano rapito, torturato e ucciso in Egitto nel 2016. “L’Egitto è in uno stato difficile in questo momento”, scriveva dall’Inghilterra qualche settimana prima della sua partenza per il Cairo dove avrebbe svolto delle ricerche per la tesi sul ruolo dei sindacati nel Paese, tema per il quale temeva al massimo di essere espulso e non ucciso.
A cura di Chiara Ammendola
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"L’Egitto è in uno stato difficile in questo momento", e ancora "La dittatura è tornata e fino a poco tempo fa non era chiaro quanto sarebbe diventata brutale. Sembra che ora la situazione si stia "stabilizzando"… ma lo stato delle cose resta molto precario". Sono questi alcuni dei messaggi che Giulio Regeni invia a un amico su Facebook alcune settimane prima del suo omicidio. È il 2015 e il ricercatore 28enne si trova in Inghilterra, a Cambridge, in procinto di raggiungere Il Cairo per scrivere la sua tesi sul ruolo dei nuovi sindacati nella ricostruzione del Paese dopo le rivolte contro Mubarak.

Giulio Regeni
Giulio Regeni

I messaggi inviati all'amico su Facebook: Giulio era preoccupato

Si tratta di uno scambio di messaggi, così come riportato dal Guardian, che smentirebbe in maniera definitiva la teoria, circolata in questi mesi in Egitto, secondo cui Regeni fosse una spia o un agitatore politico. Dunque ancora prima di lasciare l'Inghilterra, il 28enne era preoccupato per i rischi a cui sarebbe andato incontro scrivendo la sua tesi ma il suo timore era al massimo di poter essere espulso prima della fine delle ricerche. Regeni, che aveva studiato arabo e scienze politiche all'Università di Leeds, aveva deciso di svolgere la sua tesi al Cairo da settembre 2015 a marzo 2016, con una pausa di due settimane a casa con la sua famiglia per Natale a Fiumicello, nel nord-est dell'Italia. A ottobre, un mese dopo il suo arrivo, descriveva i sindacati come “l'unica forza rimasta nella società civile”, dopo il colpo di stato del generale al-Sisi contro Morsi, il leader dei Fratelli Musulmani salito al potere dopo le primavere arabe. Durante le sue ricerche si concentrò sui venditori ambulanti, circa 6 milioni, che avevano costituito un sindacato per combattere la repressione del governo. Il corpo di Giulio Regeni venne ritrovato privo di vita e con evidenti segni di tortura lungo la strada che collega Il Cairo ad Alessandria il 3 febbraio del 2016, nove giorni dopo il suo sequestro avvenuto il 25 gennaio.

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A processo i quattro 007 egiziani accusati della morte di Regeni

Intanto andranno a processo i quattro agenti dei servizi segreti egiziani accusati del sequestro, delle torture e dell’omicidio di Giulio Regeni. Gli imputati sono il generale Tariq Sabir e i colonnelli Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi, Magdi Ibrahim Abdelal Sharif. Nei loro confronti le accuse mosse dal sostituto Sergio Colaiocco variano dal sequestro di persona pluriaggravato al concorso in omicidio aggravato e al concorso in lesioni personali aggravate. La decisione al termine dell’udienza preliminare è stata del gup Pierluigi Balestrieri accogliendo la richiesta della Procura di Roma. La prima udienza è fissata per il prossimo 14 ottobre.

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