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Guerra in Ucraina

Perché la diga di Khakovka è una catastrofe ecologica che avrà conseguenze anche in Italia

Il geografo Nickolai Denisov a Fanpage.it: “Il disastro aumenterà l’inquinamento del Mar Nero”. Che “non è poi così distante dalle coste italiane”. La rovina dell’invaso di Khakovka “si aggiunge ai tanti danni ambientali provocati dalla guerra. Le ripercussioni sono globali”. Mentre incombe lo spettro di una nuova Chernobyl.
A cura di Riccardo Amati
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Si tratta di “una catastrofe vera e propria”, che avrà ripercussioni drammatiche sulla vita della gente e sull’ambiente, “non solo a livello regionale”. Il geografo moscovita Nickolai Denisov, fondatore dello Zoï Environmental Network di Ginevra, studia l’impatto della guerra ucraina sull’ecologia fin dal 2014, quando iniziarono i primi scontri a fuoco nel Donbass.

E ha pochi dubbi sulle ripercussioni globali di quanto sta avvenendo all’ambiente a causa del conflitto. La sua organizzazione ha contato oltre 200 pericolose dispersioni di elementi chimici nell’atmosfera negli ultimi 15 mesi. Senza considerare gli incendi delle foreste.

Il crollo della diga di Kakhovka, adesso, aumenta le preoccupazioni. Non solo per la centrale nucleare di Zaporizhzhia e le altre ma anche per l’inquinamento del Mar Nero. Inquinamento bellico, a causa delle mine. E industriale, a causa dei detriti e dei liquami tossici provenienti delle miniere del Donbass e delle infrastrutture industriali bombardate. Gli effetti, con l’alluvione in atto sono moltiplicati. La colpa, con ogni probabilità, “é di Mosca”, dice il geografo.

Nickolai Denisov, Zoï Environment Network.
Nickolai Denisov, Zoï Environment Network.

Dottor Denisov, chi è stato a far crollare la diga?

"Credo che sia stata la Russia. Francamente, un incidente mi pare improbabile, vista la dinamica e paragonata la stessa a quella di cedimenti e incidenti avvenuti in strutture simili nel passato. Mi pare proprio un sabotaggio, e poteva attuarlo solo chi aveva il controllo militare della diga. La versione diffusa dalle autorità ucraine, secondo cui c’è stata un’esplosione nel locale turbine, è la più logica. E certamente, i danni provocati sono più favorevoli alle forze armate russe, perché una controffensiva ucraina potrebbe esser rallentata dall’allagamento del territorio".

Che dimensioni ha questo evento, se paragonato ai maggiori disastri ecologici recenti?

"È certamente una catastrofe ecologica. Ha provocato un’alluvione estremamente significativa. E il problema non è solo l’alluvione, ma quello che seguirà: mentre parliamo siamo al picco degli allagamenti, ma anche quando nel corso di tre o quattro giorni l’acqua si ritirerà, le case resteranno inabitabili. Le persone evacuate non potranno tornare subito".

Non sono solo le abitazioni, ad essere colpite…

"L’allagamento delle campagne e dei siti industriali, con il coinvolgimento porto di Kherson (sul delta del fiume Dnipro, ndr) provocherà un alto livello di inquinamento. Non solo industriale, ma anche militare: i campi minati esplodono, parte delle mine vengono portate chissà dove dall’acqua. Lo stesso succederà con le munizioni nei depositi. Le conseguenze saranno gravi anche a lungo termine, per l’ambiente e per la popolazione".

Centinaia di tonnellate di olio per motori e macchinari si sono riversati nel Dnipro, ha reso noto il governo di Kyiv. Un disastro nel disastro?

"Come in ogni alluvione, fluidi di tutti i tipi vengono trascinati verso valle dall’acqua. Secondo le nostre informazioni, nel Dnipro son finite 400 tonnellate di olio per motori. Non sono poche. Le conseguenze ambientali, anche in questo caso, saranno pesanti. La loro entità e la loro localizzazione dipenderà dalla velocità e dalla portata delle acque. È presto per cercar di calcolarla".

Tutto questo a valle della diga distrutta. E a monte?

"Il lago artificiale che la diga formava sarà ridotto a poco più di uno stagno. Chi era servito dalle sue acque resterà all’asciutto, non potrà più utilizzarle. Un problema enorme per città e villaggi. E per l’agricoltura, naturalmente. Che non può contare su un’irrigazione naturale, in quell’area. Paradossalmente, a risentire parecchio del disastro sarà la Crimea (annessa dal 2014 alla Federazione Russa, ndr), che attingeva al bacino di Kakhovka per il suo approvvigionamento idrico".

Se davvero fossero stati i militari russi far saltar la diga, vorrebbe dire che al Cremlino del benessere della popolazione della Crimea importa poco.

"È la conclusione più logica. Tra l’altro va ricordato che proprio la Russia in passato avevano riaperto le condutture idriche per la Crimea chiuse dagli ucraini. Evidentemente è cambiata la prospettiva".

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Che rischi corre, a causa del crollo della diga di Kakhovka, la centrale nucleare di Zaporizhzhia?

"La centrale utilizza acqua per raffreddare il nucleo. Ma per adesso il lago artificiale attiguo all’impianto è pieno, e il dispositivo di raffreddamento è rifornito. L’operatore energetico ucraino che tuttora fa funzionare la centrale ha reso noto di avere anche soluzioni alternative di approvvigionamento idrico. Il problema, però, è quel che potrebbe succedere nel prossimo futuro nell’area circostante. C’è una guerra in corso. Un’installazione nucleare rappresenta un rischio di per sé. E un fattore addizionale di potenziale instabilità certo non aiuta".

Lei, insieme ai suo colleghi di Zoi Environment, ha monitorato l’impatto ambientale di questa guerra a partire da quando è davvero iniziata, nel 2014. Quali sono i danni più pesanti?

"Quel che ha subito l’ambiente nel Donbass a partire dal 2014 viene replicato su più vasta scala dopo il 24 febbraio 2022 (quando la Russia ha invaso l’Ucraina, ndr). Ci sono diverse dimensioni del danno ambientale provocato dalla guerra. Prima di tutto, quello direttamente provocato dai combattimenti: ogni esplosione, ogni movimento di veicoli militari, come anche la costruzione di fortificazioni e trincee ha un impatto sull’ambiente. Sui terreni, sulle foreste. Che prendono fuoco a causa degli scontri. E gli incendi non possono esser domati per la presenza delle mine, o perché occupate dal nemico. Questi sono danni immediatamente evidenti. E poi ci sono le macerie delle città distrutte: sono altamente inquinanti, anche se la situazione spesso non viene considerata perché le tragedie umane connesse ai bombardamenti urbani prevalgono".

E ci sono gli stabilimenti industriali distrutti.

"Un rischio sempre incombente è proprio quello del rilascio di sostanze chimiche da infrastrutture e fabbriche colpite. Abbiamo registrato oltre 200 casi di inquinamento grave, in merito. È il caso dell’ammonio disperso nell’aria nei giorni scorsi a causa del bombardamento di una conduttura. O il caso noto a tutti delle acciaierie Azovstal a Mariupol, centrate da centinaia di proiettili che hanno provocato il rilascio di un’infinità di sostanze tossiche. E lo stesso è successo in alcuni impianti industriali nel Donbass".

C’è anche un impatto sul clima?

"È un aspetto che non viene molto discusso. Ma certamente c’è un forte impatto. Tutte le distruzioni di questa guerra rilasciano anidride carbonica nell’atmosfera. E contribuiscono al cambiamento climatico in modo significativo. In primo luogo, gli incendi delle foreste".

Altre possibili conseguenze globali, per l’ambiente?

"L’Ucraina ha molte centrali nucleari. E c’è sempre il rischio che qualcosa vada storto, con una guerra in corso. Chernobyl ebbe una scala globale".

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E il Mar Nero?

"Un esempio su tutti: la popolazione dei delfini è messa a rischio dall’aumento dell’inquinamento per cause belliche e soprattutto dalle mine. Ne vengono trovati a decine spiaggiati. E, come il Mare di Azov — a cui è collegato — il Mar Nero riceve per via fluviale i detriti delle miniere di carbone del Donbass. Si tratta di rifiuti che con la guerra sono spesso fuori controllo e che possono contenere metalli pesanti. In una di quelle miniere, inoltre, furono fatti in passato test nucleari. Con l’alluvione in atto, il rischio è moltiplicato. Su tutto questo, la guerra ha calato un velo. Le conseguenze saranno soprattuto regionali. Questo tipo di inquinamento forse non arriverà fin sulle coste italiane. Ma il Mar Nero non è mica poi così lontano".

La guerra in Ucraina sta distraendo la comunità internazionale dall’emergenza ambientale globale?

"Questo è un aspetto cruciale: i governi e le organizzazioni internazionali non hanno in questo momento, a causa della guerra, le energie sufficienti per impegnarsi al meglio non solo contro il cambiamento climatico ma anche contro l’inquinamento e per la biodiversità. Un conflitto come quello in Ucraina rende difficile portare gli attori globali allo stesso tavolo per combattere l’unica guerra che val davvero la pena di combattere: quella per la salvaguardia del pianeta".

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