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12 Febbraio 2020
09:50

Patrick George Zaky interrogato in cella: “Picchiato per farlo parlare di Regeni”

“L’hanno interrogato illegalmente per trenta ore. E poi gli hanno chiesto anche dei suoi legami con la famiglia di Giulio Regeni” a rivelare quanto accaduto in cella a Patrick George Zaky sono stati i genitori. Il padre e la madre dello studente egiziano hanno raccontato di averlo visto per la prima volta solo domenica scorsa quando è stata accolta la loro richiesta di colloquio in cella in Egitto.
A cura di Antonio Palma
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A Patrick George Zakyhanno sequestrato tutto, persino gli occhiali e i vestiti. L’hanno interrogato illegalmente per trenta ore. E poi gli hanno chiesto anche dei suoi legami con la famiglia di Giulio Regeni”. A rivelare quanto accaduto in cella allo studente universitario egiziano, prelevato dai servizi di sicurezza locali all’aeroporto del Cairo di ritorno dall’Italia con accuse pesantissime ma senza reali riscontri, è stata la famiglia che ha potuto vederlo nel carcere alla periferia di Mansura dove rimane rinchiuso. In una intervista al Corriere della Sera, il padre e la madre, l’ingegner 55enne George Michel e la 55enne Hala Sobhy Abdelmalek, hanno raccontato di averlo visto per la prima volta solo domenica scorsa quando è stata accolta la loro richiesta di colloquio.

Si è trattato solo di un breve colloquio di dieci minuti in parlatorio alla presenza di un agente di polizia e dunque senza nessuna possibilità di parlare di cosa gli si accaduto dopo il fermo e le pesatissime accuse di terrorismo. “Sul fisico non ha molti segni, ma onestamente non sappiamo dire che cosa sia successo davvero: non ha potuto darci i dettagli di quel che gli hanno fatto” hanno spiegato i genitori. Secondo amnesty international Patrick George Zaky “è stato interrogato sul suo lavoro sui diritti umani e sullo scopo della sua permanenza in Italia e più volte minacciato, colpito allo stomaco, alla schiena e torturato con scosse elettriche”.

Le parole dei genitori però sono inevitabilmente dettate anche dalla paura in un Paese dove ogni informazione è valutata ed esaminata dai servizi di sicurezza. “Più che per sé, mio figlio è preoccupato per noi. Ha paura di quel che stiamo passando” hanno aggiunto i genitori, ricordando: “La nostra tortura è quel che sta succedendo. Quest’attesa, senza sapere che cosa ne faranno. Se non c’è nulla a suo carico, che lo facciano uscire e basta!”.

“Siamo una famiglia pacifica, nostro figlio non ha fatto nulla di sbagliato e non è mai stato una minaccia o un pericolo per nessuno, anzi: ha sostenuto e aiutato molta gente” sottolineano ancora i parenti, aggiungendo: “C’era una denuncia di settembre e lui non ne sapeva niente. L’hanno fermato per quello, per i post su Facebook” “Questa situazione è pesante, sa che cosa rischia, è psicologicamente provato però è un ragazzo forte, ha chiesto di studiare, vuole essere pronto per gli esami di marzo. La nostra speranza è questa sua forza”.

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