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Oligarca Tinkov aveva criticato Putin: costretto a cedere la sua azienda pochi giorni dopo

L’ormai ex oligarca si nasconde ora in una località segreta e teme per la sua vita: “Mi hanno costretto a vendere a miliardario minerario russo vicino a Putin”
A cura di Antonio Palma
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"In Ucraina ora muoiono persone innocenti, ogni giorno, questo è impensabile e inaccettabile" è la frase con cui il magnate russo Oleg Tinkov aveva osato criticare l'invasione dell'Ucraina decisa da Putin ma è anche la frase che gli è costata l'intera azienda da lui fondata, la Tinkoff Bank. Quel suo post su Instagram infatti non è passato certo inosservato a Mosca e, il giorno successivo, dall'amministrazione del Cremlino hanno contattato immediatamente i suoi soci in Russia e minacciato di nazionalizzare la sua banca se non avessero tagliato i legami con lui. Alla fine Tinkov  è stato costretto a cedere e a vendere la sua rimanente quota del 35% a un miliardario minerario russo vicino a Putin in quella che descrive come una "vendita disperata, una svendita" che gli è stata imposta dal Cremlino.

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"Non ho potuto discutere il prezzo. Ero come un ostaggio: prendi quello che ti viene offerto. Non potevo negoziare" ha spiegato al New York Times Tinkov il cui patrimonio prima della guerra in Ucraina era valutato più di 9 miliardi di dollari. L'ormai ex oligarca si nasconde ora in una località segreta e teme per la sua vita. Al giornale americano ha detto di aver assunto guardie del corpo dopo che amici con contatti nei servizi di sicurezza russi gli avevano detto che avrebbe dovuto temere per la sua vita, e ha scherzato dicendo che mentre era sopravvissuto alla leucemia potrebbe ora morire per mano dei sicari del Cremlino. E pensare che proprio la malattia lo aveva spinto a quella frase contro la guerra. In quel post infatti aveva spiegato che la sua malattia gli ha mostrato una prospettiva diversa sulla fragilità della vita umana e aveva osservato "Gli stati dovrebbero spendere soldi per curare le persone, per la ricerca per sconfiggere il cancro e non per la guerra".

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Il suo è solo uno degli esempi con cui il Cremlino tiene sotto controllo il dissenso interno che infatti sembra non aver coinvolto nessuno degli oligarchi, nonostante le sanzioni internazionali e la guerra stiano impoverendo di molto il loro patrimonio accumulati negli anni. Secondo Tinkov molti nell'élite russa sono preoccupati per l'impatto della guerra sui loro stili di vita e i loro portafogli ma nessuno osa parlare perché hanno paura per la loro vita e quella dei loro cari. La stessa sua ex banca ora in mano a Vladimir Potanin, un magnate minerario vicino a Putin, ha negato ogni minaccia di alcun tipo parlando di scelta volontaria di Tinkov. Quest'ultimo, che è andato via dalla Russia nel 2019 dopo aver venduto un parte di quota, ha detto di aver dovuto vendere le sue restanti quote al 3 per cento di quello che credeva essere il vero valore.

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