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Iraq, scoperta una fossa comune con i resti di 20 donne giustiziate dall’Isis

A Mosul, le forze di sicurezza irachene hanno scoperto una fossa comune con i resti di almeno 20 donne uccise dai terroristi dell’Isis. Nei loro corpi segni di tortura, giustiziate mentre cercavano di mettersi in salvo durante l’offensiva per liberare la città.
A cura di Mirko Bellis
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Una fossa comune scoperta in Iraq (Gettyimages)
Una fossa comune scoperta in Iraq (Gettyimages)

A Mosul, è venuta alla luce un’altra pagina della brutalità dell’Isis. In quella che è stata per anni la principale roccaforte del gruppo terroristico nel Paese arabo, le forze di sicurezza irachene hanno scoperto una fossa comune con i resti di almeno venti donne. “Mentre erano in corso le operazioni di rimozione delle macerie nella parte occidentale di Mosul – ha dichiarato il colonnello della polizia Omar al-Hajjar – sono stati rinvenuti i corpi di venti donne che mostravano segni di tortura”.

Le vittime sono state giustiziate dai terroristi – ha aggiunto l’ufficiale – mentre cercavano di fuggire verso il lato orientale della città (riconquistato in quel periodo dall'esercito iracheno, ndr) durante l’offensiva dello scorso anno. Nel luogo del ritrovamento c’erano ancora i documenti delle donne e le autorità sperano di poter identificare presto tutte le vittime della carneficina. "I corpi sono stati trasferiti al dipartimento di medicina forense di Mosul – ha affermato al-Hajjar – per essere riconosciuti dai loro parenti”.

Durante l’offensiva che ha portatto alla liberazione del vasto territorio iracheno controllato dai jihadisti, sono state scoperte diverse fosse comuni, tombe improvvisate con centinaia di persone uccise in modo sommario dai terroristi. Il 29 dicembre, a Sinjar, una piccola città nell'Iraq nordoccidentale vicina al confine siriano, le autorità locali hanno dichiarato di aver scoperto una fossa comune contenente i corpi di 80 donne yazide, sepolte vive dai fanatici islamisti. E sempre a dicembre, nel governatorato di Ninive un altro macabro ritrovamento: circa 90 cadaveri, la maggior parte donne e bambini, trucidati e abbandonati in due grosse buche scavate nel terreno. Il popolo yazida ha sofferto forse più di tutti la brutalità dell’Isis e le Nazioni Unite parlano di un vero e proprio intento di genocidio nei loro confronti.

Nel luglio scorso, dopo nove mesi di combattimenti, il premier iracheno Al-Abadi ha proclamato ufficialmente la liberazione della “capitale” del sedicente Stato islamico. A metà dicembre, invece, è stata dichiarata la fine della guerra contro l'Isis in Iraq. Una guerra che ha trasformato Mosul in un grande cimitero. La settimana scorsa, il parlamentare iracheno Farah al-Siraj ha detto che ci sono 4000 corpi ancora sotto le macerie nella parte vecchia della città e, secondo una recente inchiesta di Associated Press, sarebbero almeno 133 le fosse comuni; i corpi delle vittime oltre diecimila. Mentre Mosul cerca lentamente di voltare pagina, le conseguenze del regno di terrore dell'Isis tarderanno anni in rimarginarsi: atrocità di ogni tipo, esecuzioni sommarie e torture che a poco a poco stanno venendo alla luce. Crimini contro l’umanità commessi contro la popolazione civile, indifesa e impotente di fronte alla barbarie degli estremisti islamici.

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