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L’incredibile storia di August Kowalczyk: “Scappato da Auschwitz travestito da donna”

August Kowalczyk è stato uno dei pochi prigionieri riusciti a scappare da Auschwitz. Nel 1942 stava lavorando in un campo quando tentò la fuga con altri 50. Fu uno dei pochissimi a salvarsi, anche grazie a delle donne del posto che rischiarono la loro vita per aiutarlo. Dopo la guerra è diventato un attore e ha dedicato il resto dei suoi giorni a raccontare la propria storia ai giovani.
A cura di Susanna Picone
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August Kowalczyk (facesofauschwitz.com)
August Kowalczyk (facesofauschwitz.com)

August Kowalczyk, numero 6804. È questo il nome dell'ultimo dei prigionieri fuggiti nel 1942 dal campo di concentramento nazista di Auschwitz. Nato nel 1921 nel sud della Polonia, Kowalczyk è noto non solo per la sua storia nel campo di Auschwitz – una storia che ha raccontato per gran parte della sua vita ai più giovani – ma anche per aver intrapreso una carriera da attore e regista teatrale dopo la guerra. Nel 2012, all’età di novanta anni, il sopravvissuto alla Shoah è morto nella casa di cura per malati terminali che lui stesso aveva aiutato a fondare a Oswiecim, nel sud della Polonia, dove è situato l'ex campo di concentramento.

La fuga da Auschwitz

Arbeit macht frei

August Kowalczyk fu portato ad Auschwitz nel dicembre del 1940. All’inizio della guerra avrebbe voluto unirsi all’esercito polacco guidato dal generale Władysław Sikorski ma fu arrestato durante il viaggio e deportato ad Auschwitz. Nel mese di giugno del 1942, insieme ad altri 50 prigionieri polacchi che stavano lavorando in un campo, tentò la fuga. Di queste persone soltanto in nove, tra cui appunto Kowalczyk, riuscirono a scappare. Tutti gli altri, invece, vennero uccisi dai nazisti. Kowalczyk si nascose nella foresta e fu trovato in un campo di grano da alcune donne polacche, che gli fecero indossare abiti femminili e lo nascosero in un posto sicuro. Per le successive sette settimane dopo la fuga, Kowalczyk rimase nascosto in un nascondiglio nella soffitta di una casa nel villaggio di Bojszowy, a 12 km dal campo di concentramento. Quando finalmente riuscì a ottenere dei documenti falsi, si recò a Cracovia e si arruolò nell’esercito polacco. L’ex detenuto scappato da Auschwitz ha combattuto nella resistenza polacca fino alla fine della seconda guerra mondiale nel 1945.

Il racconto della fuga insieme ai suoi compagni

L'inizio lo ricordo come un film al rallentatore. Mi avvicinai ai vestiti senza alcuna ansia, indossai i pantaloni, la camicia e il cappotto. Prima avevo strappato gli stracci con il mio numero sopra così da poter mantenere l'anonimato durante la fuga. Mi avvicinai alla pala preparata in precedenza, la misi sulla spalla, feci qualche passo verso l'uomo delle SS, presi la mira e la lanciai, ma lui balzò in piedi come se fosse stato su una molla. I miei compagni sono scappati. Ho fatto cadere la pala a terra e ho cercato di uscire dal campo visivo dell'uomo delle SS. Vidi Mietek Kawecki correre davanti a me, ma era già ferito, rallentò la corsa, finché non cadde a terra. Anche il gruppo vicino doveva fuggire, ma il "loro" uomo delle SS non ne sapeva nulla e la nostra fuga iniziò prima.

Kowalczyk quel giorno di giugno del 1942 pianificò la fuga insieme ad altre decine di detenuti nel campo di concentramento. Con coraggio cercarono di sottrarsi agli uomini delle SS, ma solo in pochissimi riuscirono a uscire vivi dal lager. Lui stesso, anni dopo la guerra, ha raccontato quei minuti durante i quali ha evitato i colpi di fucile dei nazisti.

Le scarpe rubate ai tedeschi per ingannare i cani

Durante la sua corsa disperata per uscire dal campo nazista il prigioniero numero 6804 si spogliò dei vestiti e stivali che indossava. Aveva preso delle scarpe a uno dei Kapo tedeschi: l'idea era quella di ingannare i cani poliziotto delle SS. Indossò quelle, mentre gettò tra i cespugli i suoi stivali, pantaloni e camicia. Scappò via solo con le mutande e le scarpe.

Si concentrò su di me e tentò di fermarmi. Sparò… 10 metri, 8, 6… Mi colpì con la canna del fucile sulle spalle. Mi voltai. Un altro iniziò a scappare, l'uomo delle SS lo seguì, mi girai di nuovo, e con altri due compagni corremmo tra i cespugli e continuammo a correre. Ho iniziato lo “spogliarello” che avevo programmato in precedenza. Lanciai uno stivale da una parte, l'altro dall'altra. Indossai le scarpe da corsa che ero riuscito a prendere da uno dei Kapo tedeschi. L'idea era di ingannare i cani poliziotto delle SS. La giacca, la camicia e i pantaloni seguirono gli stivali: li gettai nei cespugli. Ero solo in mutande e scarpe da ginnastica. I cespugli finirono, avevamo circa 40 metri di prato davanti a noi, seguiti da altri cespugli. I miei compagni stavano correndo. L'uomo delle SS sparò due volte senza prenderci. Mi nascosi in un cespuglio e vidi che iniziava a ricaricare. Pensavo di poter nascondermi per quando avesse finito. Il mio ragionamento era corretto, ma il piano fallì perché lui ricaricò il fucile e io ero ancora nel cespuglio. Deve avermi visto, perché ha preso la mira… Poi, mentre attraversavo correndo quel prato, devo aver battuto il record mondiale dei 60 m di corsa. Lui sparò due volte, io arrivai tra i cespugli, poi attraversai un vecchio letto della Vistola. Ho perso una scarpa, ho buttato via l'altra, sono entrato in acqua, ho nuotato per circa 200 m lungo il fiume e ho raggiunto l’altra sponda vicino ai primi edifici che ho visto. Un lucchetto sul cottage, un lucchetto sul fienile, non c'era nessun posto dove nascondersi…

L'idea di vestirsi da donna per non farsi riconoscere

Se August Kowalczyk è riuscito a non farsi catturare, come purtroppo accaduto ad altri prigionieri, dopo la sua fuga da Auschwitz è stato sicuramente anche grazie alla sua idea di travestirsi da donna. Dopo aver corso per chilometri per allontanarsi dal campo, il polacco trovò delle donne del posto e riuscì a convincerle a farsi dare degli abiti. E così riuscì a ingannare un poliziotto che lo stava cercando.

Ho visto dei ragazzini con le mucche tra il villaggio e la foresta. Ho camminato un po' lungo la foresta e li ho chiamati. Uno mi si è avvicinato, mi ha guardato e ha sussultato: "Buon Dio, sei scappato da Auschwitz!” Figliolo, sto solo scappando. E ho una richiesta. Hai una madre? Vai a casa, da tua madre, e dille che c'è qualcuno che sta scappando da Auschwitz e ha una richiesta – potrebbe portarmi dei suoi vecchi vestiti che non le servono? Avevo avuto l'idea di vestirmi da donna. Gli ho anche chiesto di darmi la sua giacca verde. Mi calzava perfettamente. All'epoca pesavo 49 kg, e lui aveva 13 anni. Il ragazzo corse al villaggio, e io mi allontanai parecchio, perché non sapevo cosa sarebbe successo, se fosse tornato da solo o con la polizia. È tornato da solo in 20 minuti, ma a mani vuote. "Non possono darmeli. Il figlio del nostro capo tedesco sta guardando le mucche con me". Gli ho detto che aveva fatto bene, ma in quel caso non gli avrei restituito la giacca. Gli ho anche chiesto di rinunciare al suo berretto. Volevo coprire la mia testa rasata. Il ragazzo ritornò nella foresta, gettò il berretto e andò verso le mucche. Continuai a camminare. Per la prima volta camminavo tra i campi come un essere umano: non stavo correndo, non stavo fuggendo. Circa 50 metri più avanti ho visto una bicicletta sul bordo della strada a sinistra e altri 30 metri più avanti una donna della Slesia che piantava cavoli. Ho esitato: la bicicletta o la donna. Mi avvicinai alla donna e le dissi: "Potrebbe farmi un favore? Mi chiamo August Kowalczyk e sono in fuga dal campo. Per favore, portami dei vecchi vestiti da casa; voglio vestirmi da donna". Non posso darteli. Tutto è razionato. Ma non preoccuparti. Cammina per circa 50 o 60 metri, vedrai un contadino che sta scavando le patate. Ci sono cinque o sei donne che lavorano con lui. Parla con loro, ti daranno sicuramente qualcosa". Funzionò. Mi avvicinai alla più anziana e spiegai cosa cercavo. Lei capì subito e mandò due donne al villaggio. Quando tornarono mezz'ora dopo cominciai a vestirmi. Le gonne di Slesia sono lunghe, ma la donna che indossava la mia doveva essere bassa perché arrivava solo fino a metà polpaccio. Ho messo la camicetta, il grembiule e il foulard. Avevo anche un cesto di patate e una zappa. L'idea di travestirmi era buona e ben presto ne ho avuto la prova perché un attimo dopo un poliziotto si è avvicinato al nostro gruppo. L'altro ragazzo che guardava le mucche si era insospettito e aveva iniziato a chiedere della giacca e del berretto al mio ragazzo, che aveva vuotato il sacco. Corse dal padre e il poliziotto afferrò la bici per cercare un fuggitivo con giacca e berretto. Ma il fuggitivo indossava già l'abito di una donna. Passai la notte sdraiato tra il grano. Presi il mio cesto e la zappa e cominciai a camminare verso il bacino di Dąbrowa.

Salvo grazie al coraggio della gente del posto

Vidi due donne che si avvicinavano. La più anziana disse alla più giovane: "È Łucja o no? Gesù Cristo, quello è un uomo!” La gonna troppo corta mi ha tradito. “Sì, sì, un uomo. E uno che sta fuggendo da Auschwitz". Ho avuto un'altra idea, non correre oltre, ma nascondermi per due o tre settimane. Una di loro ha detto: "Nascondetevi, aspettate, e cercheremo di organizzare qualcosa". Ho deciso di correre il rischio. Avevo ragione. Sono rimasto sdraiato lì per tre giorni e tre notti. Le donne tornarono e mi portarono con loro. Dovevano trovare una casa senza bambini piccoli. Due famiglie si impegnarono ad aiutarmi. Mi prepararono un nascondiglio nella soffitta sopra la stalla.

La gente che viveva e lavorava vicino al campo di concentramento nazista è stata fondamentale per Kowalczyk. È grazie al coraggio delle donne che ha incontrato mentre scappava e delle loro famiglie che lo hanno tenuto nascosto per settimane se il polacco è riuscito a sopravvivere all'orrore di Auschwitz. A loro, terminata la guerra, ha dedicato la casa di cura realizzata a Oswiecim.

Il teatro e le testimonianze nelle scuole

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Il 9 novembre del 1945 Kowalczyk debuttò in teatro. Dopo la guerra è diventato direttore de “Adam Mickiewicz Theater”, un teatro situato nella piazza del teatro nella città vecchia di Cieszyn, in Polonia, e poi direttore del “Polish Theater” di Varsavia fino al 1981, quando si è ritirato. Da quel momento in poi Kowalczyk ha dedicato la sua vita a parlare con i giovani e raccontare loro la sua storia nel campo di concentramento nazista e gli orrori vissuti in quella "fabbrica della morte". Ha dato il suo contributo per l’“International Centre of Education on Auschwitz and the Holocaust of the Auschwitz-Birkenau Memorial and Museum” e ha partecipato alle cerimonie commemorative nei vari anniversari della liberazione del campo di sterminio. Ha voluto anche contribuire alla creazione del “Memorial Hospice” di Oświęcim: Kowalczyk considerava la casa di riposo come un dono simbolico di gratitudine per quei civili che rischiavano la loro vita per aiutare i prigionieri del campo nazista. La casa di cura è stata completata e inaugurata nel giugno del 2012. Un mese dopo, il 31 luglio del 2012, August Kowalczyk si è spento, a causa di un cancro, in quello stesso ospizio.

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