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L’appello di Yasmin: “Mio padre sequestrato in Oman da due anni. Aiutateci a riportarlo a casa”

Yasmin Abdul Maguid Morsy, 22 anni di Palestrina, non vede da due anni il papà Nader, ingiustamente sequestrato in Oman, paese in cui tutta la famiglia si era trasferita per motivi di lavoro. Insieme alla mamma Antonella Parolari ha chiesto aiuto affinché “qualcuno metta fine a questa storia e che faccia tornare mio padre a casa perché non ha fatto male a nessuno”.
A cura di Ida Artiaco
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Yasmin Abdul Maguid Moursi insieme al papà.
Yasmin Abdul Maguid Moursi insieme al papà.

"Vorrei che qualcuno metta fine a questa storia e che faccia tornare mio padre a casa perché non ha fatto male a nessuno e non si può distruggere una famiglia solo per la rabbia di questi diavoli". L'appello a Fanpage.it arriva da Palestrina, a pochi passi da Roma, dove Yasmin Abdul Maguid Morsy, 22 anni, e sua madre Antonella Parolari, sulla sessantina, da due anni sono impegnate in una battaglia internazionale per liberare suo papà, Nader Morsy. Classe 1962, l'uomo, di professione ingegnere civile, è detenuto in un carcere in Oman, "ingiustamente", come continua a ripetere la ragazza. Qualche mese fa, ha persino scritto una lettera al sultano dell'Oman, Qaboos bin Said al Said, che ha concesso la grazia a suo padre, "eppure nulla è cambiato e ancora non possiamo riabbracciarlo". Da qui la decisione di rivolgersi agli organi di stampa e di lanciare una petizione su Charge.org per la sua liberazione.

Il calvario della famiglia Morsy comincia a dicembre del 2016. Nader, che ha passaporto egiziano e solo un permesso di soggiorno italiano illimitato, insieme alla moglie e alla figlia si stabilizza in Oman, a Muscat per la precisione, per motivi di lavoro legato ad una multinazionale italiana, anche se le due donne di casa tornano spesso a Roma perché la giovane frequenta lì l'università. Come racconta Yasmin a Fanpage.it, in quel periodo il padre sarebbe stato contattato da un generale omanita, tale Al Ghelani, che gli avrebbe chiesto di aiutarlo a risollevare le sorti dell'azienda di uno sceicco della zona vicina al fallimento. Ma poco che l'uomo è stato privato del suo passaporto e documento d'identità. Intimorito, decide dopo un po' di tornare in Italia ma "gli fanno un'imboscata davanti a un centro commerciale con dei poliziotti in borghese e lo arrestano con l'accusa di non aver pagato la rata della nostra macchina, un'Audi Q7. Lo mettono in isolamento per 2 settimane, senza avere contatti con noi e con i suoi avvocati. È sparito dalla sera alla mattina e ci ha richiamato solo il giorno dopo per dirci che era stato fermato", ricorda la ragazza. Era il settembre del 2017. Ha pagato la somma della rata per la quale era stato fermato ed ora è ancora detenuto senza alcuna accusa provata. "Voglio chiudergli la bocca – dice Yasmin – perché sa troppo dei loro affari loschi".

"Da allora abbiamo fatto di tutto – continua la 22enne -. Prima ci siamo rivolte alle ambasciate, poi alla Farnesina che però non può fare molto perché mio padre pur risiedendo nel Lazio non ha passaporto italiano. Abbiamo persino presentato due denunce di sequestro di persona al commissariato di Frascati ed è intervenuta l'Interpol, ma non è cambiato nulla. Sono due anni che non vediamo mio padre. Siamo disperate e non sappiamo più cosa fare e a chi rivolgerci. Vorremmo solo che qualcuno metta a fine a questa storia". Nader può telefonare alla sua famiglia, ma non può vederla. Tra gli ultimi post pubblicati sulla sua pagina Facebook c'è un messaggio del 27 giugno 2018, in cui ha annunciato l'inizio di uno sciopero della fame e della sete: "Anto sei l’unica donna che ho amato nella mia vita, Yasmin sei la figlia che ho sempre voluto e sognato di avere. Ultima richiesta da me per voi due per favore portate in Italia la mia salma e non lasciatela dove sono adesso. Pregate per me e che tutto finisca presto. Vi amo". Fanpage.it ha contattato la Farnesina per chiedere informazioni in merito alla vicenda.

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