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La morte di George Floyd in Usa

La violenza della polizia contro i giornalisti che raccontano le proteste per il caso George Floyd

Si moltiplicano le denunce di aggressioni subite da cronisti nei giorni delle proteste negli Stati Uniti per l’uccisione dell’afroamericano da parte della polizia a Minneapolis. E sebbene la polizia sia responsabile della maggior parte delle violenze, anche alcuni manifestanti avrebbero preso parte agli attacchi.
A cura di Biagio Chiariello
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Kaitlin Rust, una reporter della rete locale Wave 3, è stata colpita dalle pallottole urticanti della polizia mentre si trovava a Louisville, in Kentucky, impegnata a raccontare le proteste per l'uccisione dell'afroamericano George Floyd da parte della polizia. La scena è avvenuta in diretta tv. Come in diretta sulla Cnn era avvenuto l'arresto a Minneapolis del giornalista Oscar Jimenez nel ‘day one' delle proteste. Minacciati, fermati, presi di mira: a lungo accusati da Donald Trump, i giornalisti americani sono ora tra due fuochi. Sempre a Minneapolis, Molly Hennessy-Fiske del Los Angeles Times si è ritrovata in mezzo ai lacrimogeni lanciati da distanza ravvicinata: “Ci eravamo identificati come stampa. Abbiamo chiesto dove spostarci. Non ci hanno dato direzioni. Hanno sparato”.

E ancora nella città del Minnesota, cuore degli scontri, la fotografa Linda Tirado è stata ferita a un occhio e perderà la vista: “Ho abbassato un attimo la macchina fotografica e la mia faccia è esplosa”.

Non è andata bene neanche a Ali Velshi e alla sua troupe televisiva dell’MSNBC, colpita dalla polizia di Minneapolis sempre in diretta durante una protesta pacifica. Così come alla giornalista della Canadian Broadcasting Corporation, Susan Ormiston, raggiunta da da proiettili di gomma e gas lacrimogeni esplosi dagli agenti nella giornata di sabato. Trattamento simile riservato al reporter del KSTP, Ryan Raiche.

Il Reporters Committee for Freedom of the Press parla di almeno dieci incidenti tra Phoenix, Indianapolis, Atlanta e appunto Minneapolis, ma gli episodi sono di più. Due giornalisti sono stati arrestati a New York. Tra loro c’è Chris Mathias dell'Huffington Post, fermato “violentemente” dagli agenti e poi portato in caserma, prima del rilascio. “Con lo sgretolamento della pace civile i reporter sono considerati una minaccia sia da parte della polizia che dei manifestanti, e questo è molto pericoloso”, ha denunciato Bruce Brown, il direttore esecutivo dell'organizzazione.

"Gli attacchi mirati a giornalisti, troupe mediatiche e organizzazioni giornalistiche che coprono le manifestazioni mostrano un completo disprezzo per il loro ruolo critico nel documentare questioni di interesse pubblico e sono un tentativo inaccettabile di intimidirle", ha dichiarato Carlos Martínez de la Serna, direttore dell’associazione no profit Committee to Protect Journalists. Sullo sfondo ci sono gli attacchi che da quasi quattro anni il presidente Donald Trump rivolge ai media, screditati come “nemici del popolo” e “fake news”.

Non solo la polizia contro i giornalisti

Ma sfortunatamente non è stata solo la polizia a prendersela coi giornalisti durante il fine settimana. Il reporter della Fox News, Leland Vitter, e il suo team sono stati molestati, aggrediti e cacciati dalla scena vicino alla Casa Bianca a Washington, DC, venerdì. La loro macchina fotografica è andata distrutta. Mentre la folla ha circondato, deturpato e fracassato le finestre nella sede della CNN ad Atlanta, Georgia, nella giornata di venerdì, anche se va detto che è presente un quartier generale della polizia all'interno del Centro della CNN. E ancora, la reporter della CBS5, Briana Whitney, è stata aggredita da un uomo in diretta televisiva mentre riferiva della proteste all'esterno del dipartimento di polizia di Phoenix.

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