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Islanda, entro il 2020 va applicata la legge per la parità di salario: l’ultimatum alle imprese

Da due anni in Islanda vige la legge sulla parità salariale fra uomo e donna. Secondo la normativa, entrata in vigore il primo gennaio 2018, imprese e istituzioni potevano adeguarsi alla nuova direttiva in maniera graduale: tuttavia, il prossimo anno sarà l’ultima occasione per mettersi in pari. Il 2020 è infatti l’anno limite per le aziende con più di 25 dipendenti per mettere in atto la legge.
A cura di Annalisa Girardi
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Lo scorso primo gennaio 2018 in Islanda è entrata in vigore la legge sulla parità di salario, che assicura un'identica retribuzione fra uomini e donne con multe fino a 450 euro per ogni trasgressione. Secondo la normativa, imprese e istituzioni potevano adeguarsi alla nuova direttiva in maniera graduale: tuttavia, il prossimo anno sarà l'ultima occasione per mettersi in pari. Il 2020 è infatti l'anno limite per le aziende con più di 25 dipendenti per mettere in atto la legge. Per le piccole aziende invece la scadenza è nel 2025.

La norma, quindi, impone di garantire le pari opportunità ed eliminare ogni discriminazione di genere, pena la sanzione pecuniaria. I controlli sono affidati alla Lögreglan á Íslandi e alle autorità tributarie. Già da prima dell'introduzione della legge contro il gender pay gap, l'Islanda era al vertice della classifica del Global Gender Gap Report redatto dal World Economic Forum, che esamina l'equità fra uomo e donna nel rapporto di lavoro e nella politica. D'altronde, la prima donna al mondo a ricoprire la carica di presidente della Repubblica è stata proprio l' islandese, Vigdís Finnbogadóttir, nel 1980.

Quest’anno l'Europa ha celebrato l’Equal Pay Day il 4 novembre in quanto questo sarebbe il giorno in cui le donne smettono simbolicamente di essere pagate rispetto ai loro colleghi maschi per un anno dello stesso lavoro. Le lavoratrici dell'Unione europea guadagnano ancora in media il 16% in meno rispetto ai lavoratori. La Commissione europea ha deciso di pubblicare per l'occasione un report sul gender pay gap, evidenziando come il fenomeno sia ancora presente nell'Unione e parlando di possibili soluzioni e della posizione dell'opinione pubblica a riguardo. Il vicepresidente Frans Timmermans, la commissaria per l'Occupazione, gli affari sociali, le competenze e la mobilità dei lavoratori, Marianne Thyssen, e la commissaria per la giustizia, i consumatori e l'uguaglianza di genere Věra Jourová hanno dichiarato in una nota congiunta: "Sono passati 60 anni da quando il principio della parità retributiva è stato scritto nei trattati europei, eppure le donne in Europa non vedono ancora leggi che corrispondano alla realtà della loro vita quotidiana. Le donne europee lavorano ancora gratis per due mesi rispetto ai loro colleghi maschi e i progressi sono troppo lenti. Sebbene negli ultimi cinque anni abbiamo compiuto alcuni passi nella giusta direzione, è necessario fare di più e più rapidamente".

In Italia, la differenza salariale fra uomo e donna rimane un problema sociale acuto: in media, infatti, lo stipendio di un uomo è del 44% più alto rispetto a quello di una donna. Un dato che emerge dall'ultimo Osservatorio pubblicato dall'Inps e che conferma un quadro purtroppo ben noto. Gli uomini guadagnano nettamente più delle colleghe donne, sia che si tratti di un lavoro privato che nel settore pubblico.

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