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Proteste in Iran dopo la morte di Mahsa Amini

In Iran il governo cerca di fermare l’onda del cambiamento con proiettili e condanne a morte

L’intervista di Fanpage.it a Jasmin Ramsey, vicedirettrice del Centro per i diritti umani in Iran sulle proteste dopo la morte di Mahsa Amini: “Il governo ha cercato di bloccare questa ondata di cambiamento con proiettili e carceri, ma la vita qui non è più la stessa”.
A cura di Ida Artiaco
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Continuano le proteste in Iran dopo la morte di Mahsa Amini, così come aumentano ancora i morti e le persone arrestate: in due mesi il bilancio dei primi è arrivato a quota 328 e quello dei secondi a oltre 15mila, ma si tratta di cifre che potrebbero essere molto più alte. Tuttavia, in seguito alla mobilitazione cominciata a settembre "la vita non sarà più la stessa nella Repubblica Islamica".

Ne è convinta Jasmin Ramsey, vicedirettrice del Centro per i diritti umani in Iran (Iran Human Rights), che a Fanpage.it ha fatto il punto della situazione sulle proteste nel Paese, spiegando come la società sta cambiando radicalmente nonostante la dura repressione messa in atto dalle autorità.

A circa due mesi dall'inizio della mobilitazione, come e quanto è cambiato l'Iran?

"Questo movimento a cui stiamo assistendo da metà settembre è la più grande sfida per la Repubblica islamica dall'ultimo grande ciclo di proteste nel 2009 e nel 2019. Nonostante la violenta repressione statale, con centinaia di morti e decine di migliaia di persone arbitrariamente arrestate, lo Stato non è stato in grado di spegnere del tutto la fiamma di queste manifestazioni.

Stiamo già vedendo alcune donne che camminano per le strade o mangiano al ristorante senza l'hijab obbligatorio, svolgendo solo la loro vita quotidiana. E gli studenti universitari maschi e femmine mangiare l'uno accanto all'altro a dispetto della segregazione di genere imposta nelle università iraniane dopo la rivoluzione del 1979. Il governo ha cercato di bloccare questa ondata di cambiamento con proiettili e carceri ma non può fermare tutto e tutti. La vita non sarà più la stessa nella Repubblica islamica".

Quali sono i numeri finora di queste proteste?

"Almeno 328 persone sono state uccise, secondo un conteggio della Human Rights Activists News Agency (HRANA) con sede negli Stati Uniti, ma quel numero è probabilmente più alto. Il governo non ha rilasciato conteggi ufficiali aggiornati e impedisce ai media indipendenti di riferire all'interno del paese. HRANA ha anche affermato che in 15.000 sono stati arrestati".

I deputati chiedono la pena di morte per i manifestanti. Avete già notizia di esecuzioni compiute?

"Non c'è ancora un conteggio ufficiale delle condanne a morte perché è molto presto. Piuttosto che concentrarsi sul numero, è però importante notare che queste condanne a morte vengono emesse per motivi politici per mettere a tacere il dissenso e reprimere il movimento di protesta del Paese, che sta cercando un cambiamento sociale e politico".

Cosa chiedete alla comunità internazionale?

"La comunità internazionale dovrebbe andare oltre le dichiarazioni di condanna e passare all'azione collettiva attraverso un fronte internazionale. I leader mondiali dovrebbero tenere una sessione speciale urgente presso il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite per stabilire un meccanismo investigativo e di responsabilità indipendente per le atrocità dei diritti umani commesse nella Repubblica islamica. I leader mondiali che hanno canali di comunicazione con i leader iraniani dovrebbero anche esortare le autorità a rilasciare i prigionieri politici e consentire la protesta senza la minaccia di violenze statali, arresti arbitrari o morte".

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