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Il delitto delle maschere di piombo

Il 20 agosto 1966, nei boschi di una collina a pochi chilometri da Rio, vennero trovati i corpi senza vita di due uomini. Entrambi indossavano due pesanti maschere di metallo sugli occhi. Dalla pista del paranomrale a quella dei traffici di materiali radioattivi, quello delle maschere di piombo resta uno dei più famosi delitti irrisolti del Brasile.
A cura di Redazione
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È un caldo pomeriggio dell’estate del 1966, un ragazzetto si fa largo nell'imponente vegetazione della collina Niteroj, a mezzora da Rio. Jorge, 18 anni, stringe in mano il cordino di un aquilone seguendolo ansioso mentre balla tra l'azzurro del cielo e il verde smeraldo, dove minaccia di rovinare finendo impigliato nei tralicci dell'alta tensione o nelle tavole di una baracca.  Passo dopo passo il ragazzo entra in una cappa di odore acre e putrido, un odore inconfondibile che in quel labirinto di natura desolata e degrado sociale vuol dire solo una cosa.

Spaventato e curioso si fa avanti fino a distinguere nitidamente due corpi maschili distesi uno accanto all’altro. È una scena strana, ma non solo per l’evidenza di quanto di tragico è accaduto. I due uomini, entrambi intorno ai 30 anni, indossano due impermeabili uguali e hanno gli occhi schermati da due grosse e pesanti visiere di metallo. La forma ricorda quella degli occhiali di plastica che si vendono nelle edicole per guardare le eclissi, ma al contrario di quelli, leggerissimi e trasparenti, sono di piombo. Ci vorranno ben due giorni perché la polizia locale, allertata poco dopo dal ragazzo, scopra i corpi senza vita di Manoul Pereira da Cruz, e Miguel José Viana, due tecnici elettronici e futuri soci in affari di Campo do Goytacazes, entrambi sposati.

L'enigma dei biglietti

Dal giaciglio della collina i due corpi vengono trasportati in obitorio, ma non c’è posto nella cella frigorifera, così vengono messi in attesa, mentre il tempo e il caldo cancellano quel che resta da esaminare. Visto che i corpi tacciono, in attesa dell'autopsia, a parlare è la scena del ritrovamento, dove gli agenti notano alcuni oggetti misteriosi: una bottiglietta di plastica vuota, un pacchetto di salviette umide e tre biglietti dal contenuto criptico. La calligrafia appartiene a Miguel Viana, uno dei due tecnici, il lessico no, sembra scritto sotto dettatura. Mentre il primo biglietto è un elenco di materiali elettronici, il secondo una sorta di prescrizione su come assumere una ‘compressa’, il terzo riporta delle istruzioni piuttosto inquietanti: "Alle ore 16:30 trovarsi nel luogo concordato. Alle ore 18:30 ingoiare la capsula dopo l'effetto, proteggere i metalli, aspettare il segnale maschera."

La ‘maschera' di cui parlano gli appunti è evidentemente quella che i due portavano sugli occhi e che potrebbero aver posizionato sul viso volontariamente. Se intendevano schermare la propria vista doveva essere da qualcosa di più brutale di un eclissi, qualcosa di micidiale. La maschera, infatti, era di piombo. Dall'obitorio intanto giungono i risultati, poco illuminanti, dell'autopsia: a uccidere Manoel e Miguel è stato un "arresto cardiaco dovuto a cause sconosciute". Si torna al punto di partenza, tranne per alcune circostanze rivelatorie. I due tecnici erano partiti la mattina del 17 con un ingente di somma di denaro con la quale intendevano ‘comprare un'auto', tuttavia qualcuno li ha visti arrivare ai piedi della collina, ben oltre il luogo convenuto per l'appuntamento, a bordo di una jeep in compagnia di altre persone.

Un giallo internazionale

Su quella misteriosa morte fioriscono speculazioni giornalistiche di ogni genere. C'è chi dice che i due, entrambi ferventi spiritisti, avessero imboccato il sentiero della colina con la promessa di per assistere a un evento paranormale. Del resto, la somma che avevano portato con loro era sparita al momento del ritrovamento e non era improbabile che qualcuno avesse potuto ingannarli, avvelenarli e derubarli. Miguel e Manoel credevano nel paranormale, nelle apparizioni, negli spiriti, almeno tanto quanto all'epoca ci credeva buona parte della popolazione brasiliana, quella dove lo spiritismo ha avuto l'aderenza maggiore. Più concreta è terrena è invece l'ipotesi che quella maschera di piombo servisse ad altro scopo. Non a proteggersi da fenomeni sovrannaturali, ma a qualcosa di tangibile, qualcosa dalle proprietà radioattive.

Tra spiritismo e traffici

Il piombo, infatti, viene usato per schermarsi dal contatto con materiali radioattivi di cui in alcuni Paesi si fanno larghi traffici. In quest'ottica si spiega quello strano ‘bugiardino' che prescrive di ‘ingoiare la capsula dopo l'effetto (quello del materiale tossico) e ‘proteggere i metalli'. Un'ipotesi che poteva non necessariamente implicare che i due fosse consapevoli. Tra magia e chimica in terra brasiliana non c'era molta differenza. Lo prova il famoso incidente del Cesio 137, trafugato da un ospedale dismesso a Goiania, nel nord del Brasile e circolato come ‘polvere magica' per la luminescenza e il colore tra gli abitanti, che finirono contaminati in 40 in quello che venne definito il più grave incidente nucleare dopo Chernobyl

L'epilogo

Dopo l'archiviazione della posizione del poliziotto che dopo due giorni dall'allarme andò su luogo e quella dell'amico che accompagnò i due al bus per la collina, il procedimento penale fu chiuso. Un anno dopo, nel 1962, il corpo di un tecnico radiotelevisivo, Hermes Luiz Feitosa venne ritrovato nella stessa zona di Niterói, accanto al cadavere venne trovata una maschera di piombo simile alle prime, ma non vennero trovati collegamenti tra i casi. Il delitto della maschera di piombo resta uno dei più famosi casi irrisolti degli anni Sessanta.

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