I video su Youtube di un mafioso stanno scuotendo il governo di Erdogan in Turchia
Un uomo seduto alla scrivania di una camera che racconta vicende e fatti dettagliati sui rapporti tra criminalità organizzata e politica in Turchia vissuti in prima persona, è il contenuto di alcuni video apparti su youtube che stanno scuotendo il governo di Erdogan in Turchia. Ad apparire in quei filmati e a raccontare pubblicamente gli affari del partito di Erdogan con la criminalità organizzata locale, infatti, è uno dei principali boss del Paese, da qualche tempo scappato via dalla Turchia per rifugiarsi a Dubai. Lui si chiama Sedat Peker e ora vive a Dubai in esilio dopo un nuovo mandato di arresto. Nei video pubblicati questo mese sul suo canale YouTube Peker ha confessato svariati crimini tirando in ballo alti politici e funzionari turchi anche per fatti9 di omicidio, stupri e traffico di droga.
Il diluvio di crimini raccontati nei sette video pubblicati finora, ha innescato una crisi pesantissima per il governo del presidente Recep Tayyip Erdogan che ha portato anche a richieste di indagini e persino di dimissioni del ministro degli interni, protagonista di alcun video di Peker. Nessuna delle accuse ha implicato direttamente Erdogan ma le affermazioni del boss mafioso hanno portato a galla un malaffare ampiamente diffuso tra politici e governanti turchi che rischiano di minare dalle fondamenta la popolarità già offuscata del Presidente turco.
Parte di ciò che ha reso le affermazioni di Peker così pericolose per il governo turco sono le sue confessioni sul presunto ruolo nel compiere atti criminali per conto di figure potenti in cambio di protezione per i suoi crimini. In un video ad esempio ha affermato che gli uomini che lavoravano per lui sono stati coinvolti nell‘attacco armato agli uffici del quotidiano Hurriyet nel 2015 dopo aver ricevuto una richiesta da un parlamentare membro dell'AKP, il partito di Erdogan. Lo scopo sarebbe stato quello di interrompere la critica del quotidiano contro Erdogan.
Il potente ministro dell’Interno Süleyman Soylu, chiamato in causa direttamente, si è giustificato dicendo che l’uscita del boss fa parte di un complotto internazionale contro Ankara. Nel Paese anche se tutti ne parlano le autorità hanno imposto ai media di tacere e chi ne parla, come un giornalista dell'agenzia di stampa Anadolu che aveva fatto a domanda in conferenza stampa, viene licenziato in tronco e accusato di terrorismo.