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La morte di George Floyd in Usa

George Floyd, chiesti 30 anni per Derek Chauvin. L’avvocato: “Processo compromesso dai media”

Lo Stato del Minnesota ha chiesto 30 anni di carcere per l’ex agente di polizia Derek Chauvin, condannato per l’omicidio dell’afroamericano George Floyd. L’avvocato difensore però chiedere la libertà vigilata e la riduzione della pena. “La sentenza è stata emessa prima dai media e poi dalla giuria. Chauvin non ha avuto un processo equo”, dichiara.
A cura di Gabriella Mazzeo
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In seguito al verdetto di colpevolezza di martedì 20 aprile emesso dalla giuria dopo dieci ore di camera di consiglio, lo Stato del Minnesota chiede una condanna a 30 anni di carcere per Derek Chauvin, l'ex ufficiale che ha ucciso l'afroamericano George Floyd. L'agente è stato ritenuto colpevole per tre capi d'accusa, compreso quello di omicidio colposo preterintenzionale. In attesa della condanna, Chauvin aspetta in carcere. Il verdetto definitivo arriverà il 16 giugno, ma nel frattempo la difesa dell'ex ufficiale chiede la sospensione della pena.

"Una condanna di 30 anni spiegherebbe perfettamente il profondo impatto che il reato di Chauvin ha avuto sulla famiglia della vittima e sull'intera comunità" ha motivato lo Stato del Minnesota. L'avvocato Eric Nelson però non ci sta e ha chiesto la libertà vigilata e una riduzione della condanna. "La Corte dovrebbe guardare il background dell'agente e la sua mancanza di precedenti penali. Chauvin è il prodotto di un sistema "difettoso", ha commesso un errore facendo affidamento sulla propria esperienza come ufficiale di polizia e sull'addestramento che aveva ricevuto. Non c'era l'intenzione di commettere un reato".

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Il processo e la condanna

Chauvin è stato condannato il 20 aprile per omicidio non intenzionale di secondo grado e omicidio colposo di secondo grado. Avrà 90 giorni per presentare un ricorso alla Corte d'Appello dopo la sentenza definitiva. La condanna dell'ex agente è stata accolta con soddisfazione dalla comunità afroamericana. Secondo l'avvocato di Chauvin, le "notizie pregiudizievoli" sul caso avrebbero condizionato i giudici e compromesso un processo equo. "La copertura mediatica di questo caso è stata come l'esplosione di una bomba. La sentenza è stata emessa dai media prima ancora che dal Tribunale. Le manifestazioni e le opinioni nei salotti TV hanno influenzato il giudice Peter Cahill. Un nuovo processo deve essere concesso".

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