22 CONDIVISIONI

Cosa c’entra lo scontro tra Usa e Cina nelle tensioni in Medio Oriente, dall’Iran a Israele

L’intervista di Fanpage.it a Pejman Abdolmohammadi, professore in relazioni internazionali del Medio Oriente presso l’Università di Trento e Associate Researcher presso l’ISPI: “Le tensioni in Iran e Israele porteranno alla grande resa dei conti tra Washington e Pechino. In gioco c’è l’egemonia mondiale”.
A cura di Ida Artiaco
22 CONDIVISIONI
Immagine

"Quello che è successo in Iran e Israele ci fa capire che stiamo andando verso un grande cambiamento di scenario. Nel 2023 assisteremo a vari conflitti locali e tattici finalizzate a una futura stabilizzazione alla fine del decennio. In altre parole, il 2023 è un anno di mosse tattiche sullo scacchiere mondiale, includendo Medio Oriente, Africa, Asia centrale e il Pacifico".

Così Pejman Abdolmohammadi, professore in relazioni internazionali del Medio Oriente presso l’Università di Trento e Associate Researcher presso l’ISPI (l'Istituto per gli studi di politica internazionale), ha spiegato a Fanpage.it cosa potrebbe rappresentare l'esplosione verificatasi sabato scorso nei pressi del centro di fabbricazione di munizioni a Isfahan, in Iran.

Il ministero della Difesa di Teheran ha minimizzato quanto successo parlando di "attacco sventato", mentre la stampa americana ha dato la responsabilità a Israele e Al-Arabya ha tirato in ballo "l'aviazione americana e un altro Paese" non specificato.

Professor Abdolmohammadi, quali sono gli elementi certi in questa vicenda?

"È chiaro che non abbiamo notizie certe su cosa sia successo, a parte il fatto che c'è stata questa esplosione. Ma è un episodio importante. L'esplosione è avvenuta nella città di Isfahan, una delle più importanti in Iran dal punto di vista culturale ma anche economico e industriale, e che per altro fa parte del progetto di energia nucleare della Repubblica islamica dell'Iran, insieme ad altri centri".

Anche la paternità dell'esplosione non è chiara. Secondo lei da chi potrebbe essere scaturito?

"Non si può riuscire a dire chi è stato, tant'è che in questi casi rimane sempre la questione dell'anonimato. Io credo che siamo di fronte al fatto che questo è un anno tattico: ciò che avviene in Iran è collegato a quanto succede in Ucraina, perché siamo di fronte a una situazione globale che si sta allineando in modo palese.

In questo allineamento abbiamo da un lato il fronte occidentale che si sta compattando, espellendo gradualmente le sue parti radicali sia a destra che a sinistra, e dall'altra il progressivo e fortissimo legame che si sta instaurando tra Teheran, Mosca con un sottofondo di Pechino che sta giocando in mezzo a questi due mondi. Quindi l'attacco che è avvenuto con i droni in Iran è molto probabilmente riconducibile a questa grande presa di posizione".

Cosa c'entra in tutto ciò Israele? Secondo lei, l'attacco di sabato potrebbe essere un modo utilizzato dall'Iran per spostare l'attenzione dalle rivolte interne che stanno agitando il Paese? 

"La Repubblica islamica dell'Iran e lo stato di Israele per tantissimi anni sono stati nemici perfetti, quindi è chiaro che entrambi hanno convenienza nel fatto di etsernalizzare il conflitto in modo da poter in qualche modo coprire i problemi interni che hanno. Ma ora non stiamo più parlando di questo. Ormai la Repubblica Islamica ha il solo scopo di poter sopravvivere a questa importante rivolta interna, ma non credo che questo sia il risultato di quella paura, semmai aumenterà sempre di più il suo legame con Mosca e Pechino.

Dal 2023 in poi, in questa nuova decade, stiamo andando verso un grande cambiamento di scenario. Non andranno più di moda i grandi conflitti ma si andrà verso una stabilizzazione, che però prima passerà per una tempesta importante. Che quella che stiamo vedendo adesso".

Cosa crede che succederà quindi nelle prossime settimane?

"Ci saranno piccole tensioni in modo continuo in varie zone del Medio Oriente, dall'Iran a Israele all'Arabia Saudita alla Turchia, senza contare la Russia, l'Ucraina e il Baltico. Queste tensioni sono indicative di questo anno fondamentale che io definisco "tattico" di questo decennio, perché poi nel 2024 ci sarà la resa dei conti. Quindi dobbiamo aspettarci tante piccole azioni tattiche in Medio Oriente, incluso Israele".

A chi si riferisce quando parla di resa dei conti?

"La grande resa dei conti è tra Washington e Pechino. Tutto quello che stiamo vedendo è all'interno di questo conflitto che determinerà l'egemonia del nuovo secolo. Anche la guerra della Russia in Ucraina così come le tensioni in Medio Oriente e quello che stiamo vedendo in Africa fanno parte della stessa partita che si sta giocando su vari fronti. Siamo di fronte alla contromossa del cosiddetto mondo libero per fermare l'egemonia filorussa, in particolare quella cinese".

La contrapposizione, quindi, non è tra Usa e Russia ma tra Usa e Cina?

"La Russia è solo uno strumento prima di arrivare alla grande partita tra Washington e Pechino. In gioco c'è l'egemonia mondiale, politica, economica e militare. Oggi gli Stati Uniti sono ancora i più forti mentre la Cina è più in crisi con alcuni aspetti che l'hanno indebolita, in primis il Covid che si sta rivelando negativo per Pechino, non solo perché li ha colpiti nell'economia e nel controllo della società, ma soprattutto perché ne ha calato il potere reputazionale. Al momento siamo di fronte a una debolezza reputazionale della Cina e ad una ripresa del mondo libero, che include anche Giappone e Sud Corea. Prima di questo ci sarà uno scontro e il primo segnale è quello quello che sta succedendo in Ucraina".

22 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views