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Covid 19

Vanda, l’infermiera angelo custode dei popoli dell’Amazzonia brasiliana contro il Coronavirus

La storia dii Vanderlecia Ortega dos Santos, una infermiera brasiliana di 32 anni che da settimane ormai si sta prendendo cura delle popolazioni indigene dell’Amazzonia, anche loro colpite ormai dal virus che  sta devastando il Brasile. Tutto è iniziato quasi per caso: c’era bisogno di un infermiere che parlasse la lingua locale e li ha accettato.
A cura di Antonio Palma
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Qualcuno l'ha già ribattezzata l'angelo custode dei popoli dell'Amazzonia brasiliana contro il Coronavirus em anche se lei non si sente tale, di certo con la sua opera sembra proprio esserlo diventata. Stiamo parlando di Vanderlecia Ortega dos Santos, una infermiera brasiliana di 32 anni che da settimane ormai si sta prendendo cura delle popolazioni indigene dell'Amazzonia, anche loro colpite ormai dal virus che  sta devastando il Brasile. Vestita con tuta protettiva, mascherina e guanti, ogni giorno porta avanti una battaglia che sta conducendo in solitaria aggirandosi tra villaggi sperduti per curare i malati e dare una mano alle circa 700 famiglie appartenenti a 35 tribù indigene del nord del Brasile.

Una battaglia iniziata quasi per caso, come ha raccontato lei stessa al giornale Oliberal che è andata a trovarla seguendo il suo lavoro. "C'era un uomo di 69 anni, Vincente, di etnia piratapuia, che aveva febbre alta e respirava a fatica. Si rifiutava di andare in ospedale a Manaus. Non c'era verso di convincerlo. Aveva deciso di restare lì, nella sua capanna, e di morire. Mi hanno chiamato. C'era bisogno di un infermiere che parlasse la sua lingua" ha raccontato Vanda, così come tutti la chiamato tra gli indigeni. L'infermiera lo ha visitato e lo ha convinto ad andare in ospedale ma lì "Ho capito che dovevo fare qualcosa" ha rivelato la 32enne.

"Mi guardavo intorno e vedevo la gente che si ammalava e poi moriva. Il Covid 19 era arrivato anche da noi, portato da qualcuno che probabilmente era andato a comprare da mangiare e delle medicine" ha spiegato l'infermiera che da allora tutti i giorni passa di villaggio in villaggio dispensando consigli sulle pratiche anticontagio e visitando malati e anziani. Si muove a piedi e con mezzi di fortuna  avendo con sé solo comuni farmaci ma no si arrende: "Con il coronavirus il tempo è tutto.  Bisogna intervenire subito ma spesso, quando arrivo, i pazienti sono al limite. Non respirano. Dovrebbero essere intubati, messi in terapia intensiva".

In una zona dove molte case sono prive di impianti idraulici ed elettricità e non esiste una clinica sanitaria nelle vicinanze, il destino dei malati più gravi spesso è segnato. "La nostra gente sta morendo di questa malattia qui e non vengono riconosciuti dallo stato", ha raccontato Vanda che ha preso parte anche alle proteste durante la visita di funzionari sanitari, chiedendo cure mediche  per gli indigeni. Lo stesso allarme lanciato dal Coordinamento delle organizzazioni dei popoli indigeni dello Stato brasiliano di Amazonas che, con una lettera alle Nazioni Unite, ha denunciato una possibile ecatombe visto che in Brasile i villaggi indigeni sono di fatto abbandonati.

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