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Guerra in Ucraina

Al via export grano dall’Ucraina, ma resta il rischio crisi alimentare: “Fame non sia arma di guerra”

Partiranno entro questa settimana le prime spedizioni di grano dai porti ucraini in seguito all’accordo firmato a Istanbul tra Kiev e Mosca. Ma resta il rischio crisi alimentare. Garroni (Azione contro la fame): “Preservare la capacità produttiva agricola del Paese, facilitando in ogni modo le esportazioni, proteggendo i civili e le infrastrutture vitali”.
A cura di Ida Artiaco
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Partiranno entro la fine della settimana i primi carichi di grano dai porti dell'Ucraina. È quanto ha reso noto il portavoce del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, Ibrahim Kalin, in un’intervista circa l'accordo firmato a Istanbul tra Mosca e Kiev sull'esportazione dei cereali.

Secondo quanto previsto dall'intesa, siglata sotto l'egida dell'Onu, si dovrebbero raggiungere i 25 milioni di tonnellate entro la fine dell’anno, dopo che ben 100 navi che trasportavano grano e prodotti agricoli sono rimaste intrappolate nei porti ucraini da quando è scoppiata la guerra.

Il primo carico potrebbe partire già oggi da Chornomorsk nel sud-ovest del Paese, seguiranno i porti di Odessa e Pivdennyi, come aveva annunciato nei giorni scorsi il ministro delle Infrastrutture Oleksandr Kubrakov, stando a Kyiv Independent.

Si tratta di una buona notizia per due motivi. Il primo è che l'accordo sul grano potrebbe aprire la strada a più ampi trattati per la pace tra i due Paesi. Lo ha confermato questa mattina il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, secondo cui l'intesa sull'export "aumenta le possibilità di un negoziato per il cessate il fuoco. Purtroppo ci sono Paesi che vogliono che questa guerra si prolunghi per indebolire la Russia e purtroppo alcuni Paesi si sono anche opposti all'accordo per il grano, non si rendono conto della situazione dell'Ucraina e dei danni che derivano per tutto il mondo".

Il secondo riguarda la crisi alimentare globale, che sta diventando particolarmente difficile soprattutto in alcuni Paesi del Corno d'Africa, colpiti dall'aumento dei prezzi e dall'inflazione. In queste aree la guerra in Ucraina non ha fatto altro che peggiorare una situazione già critica, a causa della pandemia di Covid-19, della netta dipendenza dalle importazioni e dai conflitti locali.

Si pensi, ad esempio, alla Somalia dove da gennaio 2022 a oggi, il numero di bambini gravemente malnutriti curati dall’organizzazione nei 51 centri medici e ambulatori di nutrizione che gestisce in tutto il paese, è aumentato del 60%.

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È questa la denuncia lanciata da Azione contro la Fame, organizzazione internazionale attiva da 40 anni in 51 Paesi nel mondo. "La fame non dovrebbe mai essere usata come arma di guerra: questo accordo rappresenta un primo passo, che potrebbe contribuire a ridurre la pressione sui mercati e i tassi di inflazione e, quindi, migliorare l’accesso al cibo specie in Paesi dove la fame è già una realtà", ha detto il direttore Simone Garroni.

A livello globale, infatti, non c'è carenza di scorte alimentari. Il vero problema è l’accesso al cibo, e questo dipende dalle cause strutturali della fame: i conflitti, la crisi climatica e le disuguaglianze, sociali e di genere. Lo sblocco del grano ucraino è certamente un fatto importante, ma il rischio di un'escalation della fame non sarà eliminato da questi 20 milioni di tonnellate. Se si considera che l'Ucraina è un importante produttore di colture, tra cui grano, olio e semi di girasole e mais, l’attuale crisi di accesso al cibo potrà in futuro aggravarsi e trasformarsi in carenza.

"Anche per questi motivi, è assolutamente necessario preservare la capacità produttiva agricola del Paese, facilitando in ogni modo le esportazioni, proteggendo i civili e le infrastrutture vitali in conformità con il diritto umanitario internazionale e le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Non da ultimo, sarà essenziale potenziare gli sforzi diplomatici per porre fine al conflitto che, come tutte le guerre, è una delle tre cause strutturali della fame nel mondo", conclude Garroni.

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