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Escort nelle ville di Berlusconi, difesa di Tarantini: “Legge Merlin incostituzionale”

Per i legali della difesa fare la escort è attività imprenditoriale volontaria quindi punire chi aiutava le ragazze ad andare a casa di Berlusconi è incostituzionale in quanto le giovani erano maggiorenni e si sono prostituite volontariamente e senza condizionamenti.
A cura di Antonio Palma
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Le Escort portate da Gianpaolo Tarantini nelle residente di Silvio Berlusconi erano tutte ragazze maggiorenni che si sono prostituite volontariamente e senza condizionamenti. Chi le ha aiutate nella loro libera attività imprenditoriale non può essere condannato per reclutamento e favoreggiamento della prostituzione. È la tesi ribadita oggi dagli avvocati di Tarantini e degli alti imputati in apertura del Processo d'appello sulle escort condotte fra il 2008 e il 2009 nelle residenze dell'allora presidente del Consiglio dall'imprenditore barese. Non solo, i legali della difesa, prima della discussione di merito sulle condotte contestate, hanno sottoposto ai giudici della Corte di Appello di Bari una eccezione sulla legittimità costituzionale di una parte della legge Merlin sulla prostituzione, sostenendo che è lesiva e limitativa della libertà di esercitare liberamente e in forma imprenditoriale il lavoro di escort.

Per gli avvocati infatti quella della escort oggi è  una "figura sociale completamente diversa dalla prostituzione da strada", perché se nel secondo caso le "donne sono spogliate dalla loro dignità e libertà", la "prostituzione volontaria è un crimine senza vittime". Dall'approvazione della Legge Merlin c'è stato un "graduale passaggio in giurisprudenza dell'oggetto della tutela, dalla moralità pubblica alla libertà nell'esercizio del meretricio" ha spiegato l'avvocato Quaranta, aggiungendo: "Certamente in un Paese cattolico come il nostro la prostituzione è un peso morale, chi va con le Escort non lo dice, non lo vuole far sapere perché è disdicevole" ma "lo Stato non punisce chi si comporta in maniera immorale".

Di conseguenza, per il legale "punire chi aiuta, implementa, favorisce l'esercizio della libertà sessuale altrui è costituzionalmente illegittimo poiché lesivo e limitativo della libertà di esercitare liberamente e in forma imprenditoriale un proprio diritto inviolabile". "In base all'attuale ordinamento penale la prostituta, se è libera di esercitare la propria attività lavorativa autonoma retribuita, lo è in modo discriminato: non può avvalersi di chi la ingaggi, la segnali o la pubblicizzi, perché facendolo lo rende perseguibile penalmente. In tal modo l'ordinamento le vuole sole e le lascia sole" ha ribadito anche l'avvocato Amenduni. La difesa di Tarantini inoltre ha sottolineato che gli stessi giudici del primo grado, non riconoscendo risarcimenti alle parti civili, "ammettevano che le Escort in questione non hanno subito alcun danno, anzi, oltre alla remunerazione esse hanno tratto vantaggio dalle occasioni loro offerte da Tarantini avendo avuto la possibilità ambitissima di entrare in contatto con il potente e facoltoso imprenditore e presidente del Consiglio italiano".

Una tesi rigettata con forza dal sostituto procuratore di Bari, Emanuele De Maria, che sostiene l'accusa. Prostituirsi "è un lavoro che fa soffrire chi lo esercita. Per questo, che la prostituzione si eserciti in locali di lusso o per strada, la sostanza non cambia", ha sottolineato infatti il pm, opponendosi così alla eccezione di incostituzionalità di parte della Legge Merlin presentata dai difensori degli imputati. Per l'accusa, infatti, "chi si prostituisce in cambio di denaro non lo fa mai volontariamente, ma anzi rinuncia alla propria libertà all'autodeterminazione sessuale".

La Corte deciderà sulla eccezione nella prossima udienza del 6 febbraio 2018. Nel caso venisse accolta, il processo sarebbe sospeso in attesa della pronuncia della Corte Costituzionale. In caso contrario il processo proseguirebbe il 16 febbraio con la discussione nel merito. Nel processo oltre  a Gianpaolo Tarantini sono imputati Massimiliano Verdoscia, Peter Faraone e Sabina Began, con l'accusa di favoreggiamento e reclutamento della prostituire per aver portato 26 giovani donne, affinché si prostituissero, dall'allora presidente del Consiglio. In primo grado Tarantini è stato condannato alla pena di 7 anni e 10 mesi di reclusione, Verdoscia a 3 anni e 6 mesi, Faraone a 2 anni e 6 mesi, e Sabina Began a 1 anno e 4 mesi.

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