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Effetto Brexit: gli italiani non potranno più circolare nel Regno Unito da marzo 2019

Stop alla libera circolazione dei cittadini Ue nel Regno Unito da marzo 2019. La premier Theresa May ha ribadito la linea della “Hard Brexit”.
A cura di Annalisa Cangemi
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La libera circolazione dei cittadini europei nel Regno Unito terminerà a marzo 2019. Non ci sarebbe dunque la proroga di tre anni dopo l'entrata in vigore di Brexit. Lo ha annunciato la premier Theresa May, sollecitata dalle dichiarazioni caotiche di altri esponenti del governo, che avevano in questi giorni avanzato l'ipotesi di una transizione soft. Il ministro degli Interni del governo conservatore Amber Rudd, aveva proposto un prolungamento fino al 2022 del transito di stranieri. Contro questa opzione si era scagliato il ministro Liam Fox, al Commercio Internazionale, che si era lamentato di non essere stato informato proposta, dicendo che un approccio così morbido non avrebbe rispettato la volontà di abbandonare l'Ue dei cittadini britannici espressa nel referendum del 23 giugno del 2016, dove il "Leave" ha vinto con il 52%.
Anche Philippe Hammond, Cancelliere dello Scacchiere, pensa ad un processo graduale di uscita dall'Ue, per tutelare, dice, gli interessi economici della City.

A bloccare le polemiche è arrivata il portavoce della May, che da Downing Street, ha ribadito la linea dura della premier emersa nel discorso programmatico dello scorso gennaio: alt per tutti gli immigrati comunitari da marzo 2019. "Sarebbe sbagliato pensare che il libero movimento continui come è stato finora" ha aggiunto il portavoce. Per il lavoratori stranieri sarà forse necessario un visto, ma non si conoscono ancora i dettagli.

I cittadini Ue che vorranno lavorare nel Regno Unito, secondo il piano della Rudd, potrebbero seguire una procedura di registrazione. Per i 3 milioni di cittadini che invece vivono già nel Regno Unito sarà necessaria una regolarizzazione dopo la Brexit. Dopo il 2022 i nuovi arrivi dipenderanno invece dalle necessità economiche del momento.

Gli Italiani in fuga dalle università inglesi

Un sondaggio condotto dall'Ambasciata d'Italia a Londra, che ha raccolto i dati di oltre 640 accademici (un decimo del totale) tra professori e ricercatori, ha dimostrato che per effetto della Brexit molti pensano di lasciare il Regno Unito. La paura è che presto sarà più difficile collaborare e avere contatti con gli altri laboratori europei. L'80% dei nostri connazionali sostiene che sarà più difficile nei prossimi anni attingere alle risorse comunitarie per finanziare i progetti di ricerca.

Milano vorrebbe ospitare l'Agenzia del Farmaco

Nel frattempo è scaduto ieri il tempo per presentare le candidature per ospitare l'Agenzia del Farmaco (Ema), e l'Agenzia bancaria europea (Eba), che in questo momento hanno sede a Londra ma che dovranno ben presto fare i bagagli. Sono una trentina in tutto le città in corsa.Per l'Ema, autorità da 890 dipendenti, che vigila su efficacia e sicurezza dei medicinali per uso umano e veterinario, l'Italia corre puntando su Milano. Ma sono in corsa anche Amsterdam, Atene, Barcellona, Bonn, Bratislava, Bruxelles, Bucarest, Copenhagen, Dublino, Helsinki, Lille, Milano, Porto, Sofia, Stoccolma, Malta, Vienna, Varsavia e Zagabria. Per l'Eba  invece Bruxelles, Dublino, Vienna e Varsavia, Francoforte, Parigi, Praga e Lussemburgo.

Ci sono buone speranze che la scelta per l'Ema ricada su Milano: oggi è arrivato pure l'endorsment di Richard Horton, direttore della prestigiosa rivista scientifica "Lancet". "Sarebbe infatti inaccettabile perdere la chance di avere in Italia la sede dell'EMA solo perché il nostro esecutivo non è abbastanza risoluto, ascoltato e accreditato negli ambienti comunitari", ha detto Rocco Palese, deputato di Forza Italia.

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