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Effetto Berlusconi in Sicilia: come l’astensionismo ha favorito la vecchia politica

I partiti tradizionali hanno la meglio sul populismo grillino, ma il dato che emerge da queste consultazioni elettorali è che il M5S è il primo partito. L’astensionismo (53,24%) è in aumento rispetto alle elezioni del 2012. E mentre il centrosinistra e la sinistra si leccano le ferite lanciandosi accuse al veleno, gongola Berlusconi, che si autoproclama il vero regista dell’operazione che ha condotto alla vittoria Musumeci, candidato del centrodestra unito. Micari, candidato del centrosinistra, perde voti a causa del voto disgiunto: il suo elettorato preferisce Cancelleri.
A cura di Annalisa Cangemi
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Nello Musumeci sarà il nuovo presidente dei siciliani. Dopo uno spoglio andato avanti a rilento i numeri hanno incoronato governatore il candidato del centrodestra. Se sul voto in Sicilia è l'astensionismo a farla da padrone, con soli 2.179.474 elettori su 4.661.111 di aventi diritto, il dato sull'affluenza non è comunque negativo in tutte le nove province: un lieve aumento si è registrato a Messina (51,69% contro il 51,24% del 2012), Catania (51,58%, nel 2012 era del 51,09%) e a Palermo (affluenza del 46,4% contro il 46,28% del 2012). In generale cinque anni fa nell'Isola avevano votato 2.203.165 persone, e nel 2008 aveva votato il 66,68 per cento degli aventi diritto. Ma l'offerta debole dei candidati ha generato disaffezione nei confronti della politica: non ha convinto il candidato tradizionale della destra, con l'appoggio di Cuffaro e Micciché, né la retorica del nuovo che spazza il vecchio degli slogan grillini, che insistono sulla narrazione dell'onestà che verrebbe garantita da un non-politico di mestiere; non ha convinto neanche il candidato di centrosinistra voluto dal sindaco di Palermo Leoluca Orlando, nome forte che però non ha saputo indicare un candidato altrettanto riconoscibile; e non è stato apprezzato neanche il candidato alla sinistra del Pd, della lista "Cento Passi per la Sicilia", rappresentanza dell'antimafia, figlio del giornalista ammazzato dalla criminalità organizzata, Pippo Fava, perché considerato, in fondo, un outsider.

Il risultato degli exit poll non si è discostato di molto dal voto reale, un esito che comunque non è stato una sorpresa: già i sondaggi davano per scontato un testa a testa tra il candidato del centrodestra e il candidato grillino Giancarlo Cancelleri. Nelle province in cui il M5S ha preso più voti, e cioè Trapani, Agrigento, Ragusa, Siracusa, ed Enna, che corrispondono ad altrettanti collegi elettorali, lo scarto tra il nisseno Cancelleri e Musumeci è minimo (soprattutto nelle prime tre). Molto più ampia la forbice registrata nelle province di Messina, Catania e Palermo dove i voti si sono orientati in modo più compatto sul presidente appena eletto. A Caltanissetta, dove Cancelleri giocava in casa, gli elettori hanno premiato Musumeci con un distacco meno netto.

Il centrodestra, così come ha ricordato trionfante anche Brunetta, ha effettuato un sorpasso che l'ha portato alla vittoria: "Fino a pochi mesi fa doveva vincere M5S. Oggi sembra vincente Musumeci e il centrodestra unito. Abbiamo invertito le previsioni".

Silvio Berlusconi si è autoproclamato uomo-partita: "Queste elezioni le ho vinte io. Non le ha vinte né Salvini né la Meloni. Il modello Sicilia funziona, uniti vinciamo, ma grazie al fatto che negli ultimi giorni sono andato giù e ho dato la spinta decisiva per la vittoria". "Forza trainante della vittoria di Musumeci" ha commentato Francesco Scoma, vice commissario di Forza Italia in Sicilia.

Al di là del peso effettivo della sua figura, Berlusconi torna a vincere in Sicilia dunque, colmando quel vuoto che è diretta conseguenza di un'assenza di una proposta adeguata del centrosinistra: scimmiottando gli avversari si rischia di perdere di vista l'elettorato di riferimento, che poi si ribella con il voto di protesta o peggio con la diserzione delle urne. "Dirigenti Pd si chiedano perché Grasso abbia scelto di abbandonarli così come hanno fatto tantissimi loro elettori", scrive in un tweet il deputato Erasmo Palazzotto (Si). Lo schema centrodestra unito, Forza Italia, Fratelli d'Italia e Lega, incassa la prima importante conferma, e riesce a essere incisivo lì dove la sinistra non trova un antidoto alla sua natura rissosa, diventando l'unico contraltare al populismo. "Come partito singolo M5S è primo. E questo, insieme al forte astensionismo, ci ricorda quanto sia ancora importante la sfiducia degli italiani verso la politica tradizionale. Ma la forza del centrodestra sta nella sua unità", ha commentato Giovanni Toti, governatore della Liguria.

Ed è scambio di accuse tra centrosinistra e sinistra, per attribuirsi vicendevolmente limiti e responsabilità della sconfitta. Se per il capogruppo del Pd alla Camera Rosato bisogna intercettare il "colpevole" nella polarizzazione della competizione elettorale tra due candidati della sinistra, Fava e Micari, per Sinistra italiana l'opportunità di presentarsi insieme poteva essere colta, se il Pd non avesse scelto Alfano come alleato. Capro espiatorio è proprio il presidente del Senato Grasso, sotto gli strali degli ex compagni di partito del Pd. Davide Faraone ha scaricato parte della responsabilità della sconfitta proprio a lui: "Micari – ha detto Faraone – ha avuto il coraggio di candidarsi, quel coraggio che il presidente Grasso non ha avuto". Renzi viene delegittimato, soprattutto dal suo avversario pentastellato Di Maio, che in seguito alle consultazioni siciliane ha colto l'occasione per annullare il confronto tv previsto per domani sera: non lo ritiene più un competitor. Ma Ettore Rosato ribatte che la premiership del capo è ben salda: "Renzi non è in discussione".

Il dato indiscutibile è comunque il risultato del M5S, che si attesta come primo partito in Sicilia. Ancora una volta il capoluogo siciliano non è riuscito a produrre un candidato appetibile per la Regione: la scelta del rettore dell'Università di Palermo Fabrizio Micari non ha attecchito, forse perché appunto fin troppo "civico" ed elitario, e troppo distante dalla larga platea dell'elettorato, che ancora oggi in Sicilia è sensibile al voto del territorio, che si esprime più facilmente nei piccoli centri, in cui il rapporto dei cittadini con il candidato è più diretto. Anche il Pd si è mostrato tiepido nei confronti di Micari, e Renzi tra le polemiche è volato negli Stati Uniti proprio a ridosso della chiusura della campagna elettorale. Dopo il rifiuto di Grasso era apparso subito chiaro che il cammino della sinistra sarebbe stato accidentato. E di questo non si potrà non tenere conto in vista delle politiche. Le larghe intese Pd-Ap sono in crisi. La novità sarebbe comunque, dopo dieci anni, l'ingresso al Parlamento, come opposizione, della sinistra (Mdp, Sinistra italiana, Rifondazione comunista, Possibile di Civati, Verdi e movimenti di ispirazione comunista) che era rimasta fuori dall'Ars per due legislature. Nonostante il risultato sia ben al di sotto delle aspettative.

Il voto disgiunto. In Sicilia è stato possibile votare per il candidato presidente e contemporaneamente esprimere una preferenza in una lista differente per l'Ars. E questa modalità di voto ha generato alcuni paradossi. Per esempio il candidato Giancarlo Cancelleri ha preso più voti (34,6%) del suo partito (26,7 per cento), sette punti in più. Non così Fabrizio Micari che ha registrato al contrario una minore fiducia da parte degli elettori rispetto a quella tributata alla sua coalizione: esattamente sette punti in più. È questione di calcoli matematici. Le preferenze degli elettori del centrosinistra che hanno votato all'Ars per lo schieramento Pd-Ap, sono confluite probabilmente su Cancelleri presidente, che, visti i sondaggi, appariva come un argine più sicuro alla destra. Non è bastato. Nello scetticismo generale ha vinto Musumeci, ma forse più che per meriti suoi per mancanza di avversari credibili e per la bocciatura del suo predecessore Rosario Crocetta. Ma in democrazia funziona così.

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