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Stato d’emergenza idrica nazionale, perché le Regioni lo chiedono e cosa comporta

Le Regioni, a partire dall’Emilia Romagna, chiedono al governo di proclamare lo stato d’emergenza nazionale per la grave siccità e carenza d’acqua.
A cura di Giacomo Andreoli
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Uno stato d'emergenza idrica nazionale. Sempre più Regioni italiane spingono il governo Draghi ad intervenire in modo sistematico per affrontare la grave siccità che coinvolge il Paese da nord a sud. In particolare il presidente dell'Emilia Romagna Bonaccini si è rivolto direttamente al premier Draghi e al ministro dell'Agricoltura Patuanelli chiedendo di non limitarsi alla dichiarazione dello stato di calamità locale.

Secondo Patuanelli dichiarare uno stato "di crisi" anche su tutto il territorio nazionale potrebbe essere inevitabile. A giorni si dovrebbe tenere quindi una riunione con i rappresentanti delle Regioni, lo stesso ministro dell'Agricoltura, quello della Transizione ecologica Cingolani e il capo del Dipartimento della Protezione civile Fabrizio Curcio. Dall'esecutivo filtra intanto molta preoccupazione per una situazione che, con i livelli dei fiumi mai così bassi da decenni, le precipitazioni più che dimezzate e un caldo record anomalo, non può essere sottostimata.

Lo stato di emergenza, in generale, è una condizione giuridica che si può attivare in caso di eventi eccezionali, che garantisce poteri straordinari al governo e di riflesso alla protezione civile per proteggere i cittadini italiani. Grazie a questo quadro di riferimento si può quindi derogare alle norme di legge (anche se bisogna rispettare i principi generali dell’ordinamento), con il potere di ordinanza. Nel caso della siccità, come spiegato dall'assessore del Veneto e coordinatore del settore agricoltura della Conferenza delle Regioni, Federico Caner, lo stato d'emergenza idrica potrebbe favorire un intervento per dare priorità all'uso dell'acqua per uso umano e agricolo rispetto all'uso energetico. Una mossa, però, che potrebbe sommarsi alla crisi energetica globale, mettendo ancora più in difficoltà le catene di approvvigionamento. Un altro intervento che si potrebbe attuare è un piano di razionamento dell'acqua e di re-distribuzione con autobotti a livello nazionale, sommandosi alle riduzioni già in essere in diversi di piccoli centri in Piemonte e Lombardia e che riguardano case, orti e giardini.

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