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È morto Zygmunt Bauman, uno dei maggiori filosofi contemporanei

È morto all’età di 91 anni il filosofo Zygmunt Bauman.
A cura di Redazione
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È morto a 91 anni il filosofo e sociologo Zygmunt Bauman, considerato uno dei massimi pensatori della contemporaneità. La notorietà di Bauman è legata in particolare al concetto di società liquida, con il quale ha inteso interpretare la postmodernità e che ha declinato in vario modo nelle sue pubblicazioni. Bauman, infatti, vanta una lunga produzione letteraria e filosofica, che lo ha visto affrontare i temi della complessità della post modernità e della nuova dimensione dell’individuo nella società della mercificazione consumistica e neocapitalista.

Nato a Poznan nel 1925, da una famiglia ebrea, Bauman negli anni della guerra combatté al fianco dei sovietici dopo essere scampato alla persecuzione nazista; negli anni successivi studiò sociologia in Polonia e in seguito alla London School of Economics. Perseguitato per la sua confessione religiosa anche dopo la fine della guerra, negli anni 70 emigrò in Israele.

La società liquida

Il concetto cui è legata la notorietà di Bauman è quello di “società liquida”, sviluppato nel corso della sua produzione filosofica degli ultimi anni e ripreso anche da altri autorevoli studiosi. Uno dei testi di maggiore successo è infatti “Modernità liquida”, pubblicato in Italia da Laterza nel 2003. Nel testo si definisce come “liquida” questa fase della modernità, che vede appunto la liquefazione di una serie di concetti e strutture intorno alle quali si era articolata l’esperienza “sociale” degli individui nell'epoca moderna. Lavoro, individualità, rapporto spazio – tempo, ma anche concetti come libertà, indipendenza di pensiero, autonomia, tutto è divenuto sostanzialmente inafferrabile, non più definibile, anche (soprattutto?) a causa del modello consumista – capitalista nel quale sono immerse le esistenze.

In tal senso Bauman ricorda come nella modernità “solida” la società era considerata come una casa comune, in cui i cittadini accettavano non solo il contratto sociale (che regolava i rapporti con Stato, mezzi di produzione, individui, eccetera), ma anche i “tentativi di liberarsi di esso”, ovvero la critica della routine, dell’alienazione e delle “forme standardizzate” della vita nel modello industriale. Oggi però anche tale critica è sottoposta a un processo di liquefazione, dal momento che non sembra più esistere la “società come casa comune”  e dunque decadono anche le teorie che implicano la liberazione di uomini e donne.

In sostanza, il punto è che la deregolamentazione del mercato del lavoro, la disgregazione dei rapporti sociali e la “precarizzazione delle esistenze”, hanno messo in crisi tutte le certezze su cui si era fondata la modernità e determinato l’emergere di un nuovo individualismo, debole e insicuro. La ricerca dell’identità, un concetto cardine nella modernità liquida, avviene per mezzo dell’accesso vorticoso ai consumi, che però non avviene più secondo il criterio “standard” del modello consumistico, ovvero bisogno – consumo, ma acquista una natura autoreferenziale, il desiderio che appaga se stesso e si autoriproduce, alla disperata ricerca di una soddisfazione, che diventa senso ultimo della propria esistenza.

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