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È morto a 86 anni Valentino Parlato: addio al fondatore del “Manifesto”

È morto all’età di 86 anni Valentino Parlato, uno dei fondatori del Manifesto, storico quotidiano comunista. Espulso dal Pci, per tutta la vita ha difeso il Manifesto in tutta la sua lunga storia.
A cura di Redazione Cultura
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È morto all'età di 86 anni Valentino Parlato, tra i fondatori del Manifesto, storico quotidiano comunista, giornalista, militante e uomo di cultura di spessore. Proprio del Manifesto, Valentino Parlato è stato di cui è stato in diverse occasioni direttore e presidente della cooperativa editrice. Era nato a Tripoli, in Libia, il 7 febbraio 1931. Da sempre e fino alla fine comunista, Valentino Parlato ha militato nel Pci fino alla radiazione, con tutto il gruppo del Manifesto, ha poi lavorato a "Rinascita", fondato e difeso il manifesto in tutta la sua lunga storia.

Lo stesso quotidiano da lui fondato, il Manifesto, lo ricorda oggi sul sito internet con un "Ciao Vale". In una delle sue ultime interviste, Parlato aveva raccontato di aver tradito la sinistra votando per Virginia Raggi alle comunali di Roma.

Dalla Libia a Roma, fino all'espulsione dal Pci

Espulso dalla Libia per la sua militanza comunista, si era trasferito a Roma dove ha lavorato per L'Unità, scalando le gerarchie del Partito Comunista Italiano, fino a divenirne membro del Comitato centrale. Nel 1969 viene espulso dal partito comunista, in seguito all'avvento della Rivoluzione Culturale di Mao, ed è tra i fondatori de Il Manifesto di cui è stato in diverse occasioni il direttore. Intellettuale raffinato, studioso, ha curato l'edizione delle opere di Adam Smith, Lenin, Antonio Gramsci e Gheddafi.

Parlato, uno degli "eretici" comunisti

Il 24 novembre del 1969 si riuniva a Roma in via Botteghe Oscure il Comitato centrale del Partito comunista italiano per radiare Aldo Natoli, Luigi Pintor e Rossana Rossanda. Natoli era stato un antifascista processato nel 1936 e poi dirigente della federazione romana; Pintor era il più brillante giornalista dell'Unità e Rossanda aveva diretto la sezione culturale del partito. I dissidenti furono espulsi in seguito alla messa in discussione della linea del partito che perpetuava nel sostenere l'Unione Sovietica.

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