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“Disobbedite”: lettera ai poliziotti che oggi hanno sgomberato cento umani

T’incrocio spesso, compagno poliziotto. Ci dividono gli scudi, che io non ho. Ci divide il manganello che io non possiedo. E ci divide una divisa che di solito la tua è stirata, e la mia è una maglietta. Ci divide però anche il fatto che io cento umani che stamani alle 6:00 dormivano in una piazza, in terra, non li avrei assaltati.
A cura di Saverio Tommasi
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Compagno poliziotto, sono io, mi riconosci?
Sono quello che di solito non vedi, perché è buio oppure hai la visiera calata sugli occhi. Guardami.
Io lo so che non sei cattivo, compagno poliziotto. Togliti la visiera. Io lo so che tu obbedisci agli ordini. Io lo so che tu a casa hai una mamma che ti vuole bene e che è orgogliosa di suo figlio poliziotto.
Io lo so che prendi uno stipendio che uno in un call center sta peggio, ma tu non stai tanto meglio. E so che ogni volta che ti vedo in azione contro i più fragili mi chiedo perché tu non disobbedisca.

Oggi ti ho visto, eri a Roma; ieri a Bologna, ieri l'altro a Firenze, a Milano, e ti ho visto anche a Genova, nel 2001.
T'incrocio spesso, compagno poliziotto. Ci dividono gli scudi, che io non ho. Ci divide il manganello che io non possiedo. E ci divide una divisa che di solito la tua è stirata, e la mia è una maglietta. Ci divide però anche il fatto che io cento umani che stamani alle 6:00 dormivano in una piazza, in terra, non li avrei assaltati.

Non si attacca un uomo mentre dorme, soprattutto se dorme all'aperto per necessità decisa da chi ha sempre avuto i bisogni risolti. Soprattutto se ci sono donne, e figli che non sono i tuoi solo per un destino che a te ha messo il cappello sul tavolo e a loro ha infilato la guerra in casa.
Erano tutti rifugiati, o richiedenti asilo. Te l'avevano detto, questo, prima di aprire l'idrante?

Ho visto quell'idrante sparato sul volto di una donna con una stampella. Ho sentito il rumore dei pianti, oggi in piazza Indipendenza, e avevano lo stesso suono di quando Maria abbracciò la croce.

Compagno poliziotto, io non sgombererei chi è nato in una grotta o in una capanna e oggi dorme in una piazza. Sarei pronto a subirne le conseguenze, ma non lo farei. Non inseguirei per le strade gente come me, ma con una storia più difficile della mia. Io disobbedirei come ha insegnato don Milani quando disse: "l'obbedienza non è più una virtù".

Io non penso che per te sia facile, compagno poliziotto, perché sono sicuro che tu te ne renda conto e ti si contorcano le budella. Però non basta asciugare le lacrime di una donna dopo averla fatta piangere, te lo dico con onestà. Ho visto la foto, è scattata bene ma non è sufficiente.

Io penso che tu lo capisca quello che stai facendo ma poi cerchi di non pensarci, compagno poliziotto; oppure ci pensi e obbedisci agli ordini perché un ordine ci deve essere, immagino ti abbiano insegnato così; io non lo so se quello di sgomberare è un ordine, se questo è un poliziotto, se questo è un uomo.

Non voglio dire che io sarei più coraggioso, semplicemente credo che averti fatto giurare fedeltà non significhi la pretesa dell'obbedienza senza giudizio.

Compagno poliziotto, ti ho scritto questa lettera perché condivido poco di quello che fai, ma penso che la barca sia la stessa. E penso che mettersi d'accordo fra sfruttati e ultimi, come voi siete e come sono anche io, e come sicuramente sono quelli che oggi avete sgomberato, sia l'unica soluzione.
Il tuo nemico non è il dirimpettaio, ma quello al piano superiore. Fammi un favore, compagno poliziotto: pensaci.

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Sono giornalista e video reporter. Realizzo reportage e documentari in forma breve, in Italia e all'estero. Scrivo libri, quando capita. Il più recente è "Siate ribelli. Praticate gentilezza". Ho sposato Fanpage.it, ed è un matrimonio felice. Racconto storie di umanità varia, mi piace incrociare le fragilità umane, senza pietismo e ribaltando il tavolo degli stereotipi. Per farlo uso le parole e le immagini. Mi nutro di video e respiro. Tutti i miei video li trovate sul canale Youmedia personale.
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