23 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Delitto Simonetta Cesaroni, Cassazione: contro Busco nessuna prova

Contro Raniero Busco, l’ex fidanzato di Simonetta Cesaroni uccisa in via Poma a Roma nel 1990, non ci sono prove in grado di accusarlo. Lo dice la Cassazione nelle motivazione del definitivo proscioglimento di Busco.
A cura di Susanna Picone
23 CONDIVISIONI
Simonetta Cesaroni

Il giallo di via Poma non è ancora arrivato a una soluzione. Non si conosce infatti il nome di chi ha ucciso il 7 agosto del 1990 a Roma la giovane Simonetta Cesaroni. Contro Raniero Busco, l'ex fidanzato di Simonetta Cesaroni, non ci sono prove in grado di accusarlo dell’omicidio. A sottolinearlo è la Corte di Cassazione nelle 30 pagine di motivazione del definitivo proscioglimento di Busco. Ad avviso della Cassazione il verdetto di proscioglimento di Raniero Busco emesso dalla Corte d'Assise d'appello di Roma il 27 aprile 2012 risponde alle regole della “congruità e completezza della motivazione” e ha una “manifesta logicità”. I giudici della Suprema Corte scrivono in particolare che “si dimostra la insostenibilità”, in mancanza della prova di un morso sul seno di Simonetta, della tesi “della sua attribuzione a Busco e dell'origine salivare del Dna presente sui capi di vestiario repertati”.

Nel delitto di via Poma rimangono “punti oscuri”

La Cassazione ha “smontato” il verdetto di primo grado emesso nel 2011 dalla Corte di Assise di appello di Roma che invece aveva condannato Busco per il delitto di via Poma e che secondo i giudici della Suprema Corte ricostruiva l’omicidio in maniera “suggestiva, ma ampiamente congetturale in ordine a vari aspetti” come “l’effettuazione della telefonata da Simonetta Cesaroni a Busco all’ora di pranzo di quel giorno, il contenuto di tale tale telefonata, la conoscenza da parte di Busco del luogo dove la Cesaroni lavorava, la spontaneità della svestizione da parte della vittima, l'autore dell'opera di ripulitura della stanza, le modalità e i tempi di tale condotta, movente dell'omicidio, la falsità dell'alibi da parte dell'imputato”. Nel delitto di via Poma rimangono comunque, dice la Cassazione, dei “punti oscuri”, “non spiegati e niente affatto secondari: si pensi, tra di essi, al rinvenimento dell'agenda di Pietro Vanacore fra gli effetti personali della vittima”.

23 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views