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Quando la peste antonina si diffuse nell’Impero romano per le fake news

La peste antonina flagellò l’Impero romano e uccise milioni di persone. In vent’anni, tra il 160 e il 180 d.C., si diffuse da Oriente entro i confini dell’impero anche per gli oracoli che usavano la magia e sfruttavano le paure del popolo. A parlarcene è Luciano di Samosata in un suo libello dedicato al “falso profeta” Alessandro di Abonutico, dispensatore di fake news dell’epoca, diverse ma non troppo da quelle al tempo del coronavirus.
A cura di Redazione Cultura
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Una pandemia che portò al collasso la struttura sociale dell'Impero Romano e che in vent'anni contribuì alla mettere in crisi i fondamenti dell'antichità: fu la peste Antonina che arrivò entro i confini dell'Impero da Oriente più o meno intorno al 160 d.C. e andò avanti, seminando morti e distruzione per almeno vent'anni. Non è il coronavirus dell'antichità, ma molto di più. Ed ebbe, secondo gli studiosi, una mortalità altissima, fino al 30% della popolazione di allora. Tra i suoi effetti collaterali vide l'esplosione di un fenomeno già esistente, ma che determinò in qualche maniera a contribuire alla nascita e alla diffusione di quelle che oggi chiameremmo fake news. Ma come è andata veramente?

Sconvolti dalla diffusione della peste, infatti, in quegli anni molti abitanti dell'Impero si affidarono a diverse credenze magiche e a riti religiosi che non avevano alcun valore di cura e che, anzi, contribuirono a diffondere la malattia. Tra coloro che misero in giro false notizie, offrendo protezioni divine e irrazionali ci fu, secondo i racconti ironici di Luciano di Samosata, il "falso profeta" Alessandro di Abonutico, truffatore di professione e fondatore del culto di Glicone.

La fake news e il culto di Glicone, il dio-serpente

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Glicone era una divinità dalle fattezze di serpente con testa umanoide, manifestazione del dio Asclepio. Il suo culto fu fondato nel II secolo in Paflagonia proprio da Alessandro di Abonutico, intorno al 140, e si protrasse fino almeno al III secolo. Nel suo libro sulla vita del "falso profeta" Alessandro, Luciano di Samosata racconta come costui riuscì a creare e tenere vivo il culto sfruttando la credulità della gente, in un'epoca di grandi paure a causa della peste, congegnando trucchi e usando addirittura un vero serpente per emettere i suo oracoli, che trovarono vasta eco in ogni zona dell'Impero. Sostiene Luciano nel suo libello che un verso del falso profeta comincia ad essere scritto sulle case rimaste vuote a causa della peste e che fu:

spedito a tutte le nazioni durante la pestilenza… fu visto scritto ovunque sulle porte.

Sebbene di falsi oracoli e ciarlatani di ogni risma ce ne fossero ovunque e fossero molto diffusi all'epoca, per Luciano di Samosata, Alessandro era maestro di frodi e inganno, responsabile di aver truffato molte persone e impegnato, attraverso i suoi seguaci, in varie forme di ricatto e proselitismo a fini di lucro. E dunque di aver contribuito alla diffusione incontrollata della malattia. La portata dei falsi oracoli, in tempo di peste, vere e proprie fake news dell'epoca, fu ampliata proprio dalla temibile Peste Antonina in corso.

La pandemia di peste antonina nell'antichità

La Peste Antonina, dal nome di Marco Aurelio Antonino, uno dei due imperatori che furono uccisi dalla malattia (l'altro era Lucio Vero), determinò una mortalità che è valutata dagli studiosi fra un 10 e un 30% della popolazione. Le stime degli storici sostengono che uccise tra i 5 e i 30 milioni di abitanti dell'Impero. Secondo studi scientifici successivi probabilmente non fu vera peste, ma un'epidemia di vaiolo. A partire da quella pandemia, lentamente, il mondo antico cominciò a declinare. Di certo, secondo gli storici, contribuì alla dissoluzione dell'antichità così come l'abbiamo conosciuta sui libri di storia e che ufficialmente si concluse soltanto qualche secolo dopo, nel 476 d.C., con la caduta dell'Impero Romano di Occidente.

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