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Perché gli edifici romani durano così a lungo? Gli scienziati svelano il mistero

Il calcestruzzo romano, in molti casi, ha dimostrato di essere più duraturo del suo equivalente moderno, che può deteriorarsi in pochi decenni. Il motivo sarebbe un ingrediente segreto.
A cura di Cristina Somma
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Costruzioni Romane
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Gli scienziati svelano il segreto che si cela dietro la resistenza delle mura romane durate oltre duemila anni. Il motivo per cui il calcestruzzo antico spesso è più duraturo e resistente di quello moderno, che tende a deteriorarsi in pochi decenni, si nasconderebbe in un ingrediente segreto che si forma durante il processo di miscelazione della calce. Lo studio, pubblicato da Science (e citato dalla CNN), è stato condotto da un team di ricercatori provenienti da Stati Uniti, Italia e Svizzera che hanno analizzato campioni di cemento prelevati dalle mura antiche di una parete del sito archeologico di Privernum, nel Lazio, svelando l'ingrediente misterioso che ha consentito alla città di restare in piedi per migliaia di anni.

In antichità si pensava che l'ingrediente segreto nascosto dietro la resistenza delle mura romane fosse la cenere vulcanica proveniente dalla zona di Pozzuoli, sul Golfo di Napoli. Questo tipo di cenere veniva trasportata in tutto il vasto romano impero per essere utilizzata nelle costruzioni. La notizia emerge dai resoconti scritti da numerosi architetti e storici dell'epoca. Oggi invece alcuni studi hanno fatto emergere l'errore degli studiosi antichi e il vero processo chimico che consente al cemento antico di essere così resistente. Secondo i ricercatori il motivo sarebbe riconducibile a dei piccoli depositi di calce che davano al materiale la capacità di arginare le crepe formatesi nel tempo. I pezzettini bianchi presenti nel cemento, ben visibili agli studiosi, erano sempre stati trascurati, in quanto considerati prova di miscelazione sciatta o di materia prima di scarsa qualità. A confermare l'equivoco sono gli stessi ingegneri.

"Per me – ha detto l'autore dello studio Admir Masic, professore associato di ingegneria civile e ambientale presso il Massachusetts Institute of Technology – era davvero difficile credere che gli antichi ingegneri romani non avrebbero fatto un buon lavoro, perché si impegnavano molto nella scelta e nella lavorazione dei materiali". Gli studiosi, secondo Masic, scrivevano ricette precise e le imponevano nei cantieri di tutto l'Impero romano). Secondo gli studiosi la scoperta che riguarda il potenziale autocentrante del calcestruzzo romano potrebbe essere utile anche per la produzione odierna, rendendo il materiale più duraturo e più sostenibile. Secondo lo studio, l'elemento autorigenerante ridurrebbe l'impronta di carbonio del calcestruzzo che rappresenta fino all'8% delle emissioni globali di gas serra.

"Il calcestruzzo – ha detto Masic – ha permesso ai Romani di compiere una rivoluzione architettonica. I Romani – ha concluso – sono stati in grado di creare e trasformare le città in qualcosa di straordinario e bello da vivere. E questa rivoluzione ha cambiato completamente il modo di vivere dell'uomo".

Mura romane dell'antica Londinium
Mura romane dell'antica Londinium

Il calcestruzzo è essenzialmente pietra o roccia artificiale, formata dalla miscelazione di cemento, un legante tipicamente a base di calcare, acqua, aggregato fine, come sabbia o roccia finemente frantumata, e aggregato grosso come ghiaia o roccia frantumata. Le ricette dei romani consigliavano l'uso della calce combinata con l'acqua come legante, prima di essere mescolata, quindi spenta. "Per questo gli studiosi avevano ipotizzato che il calcestruzzo romano fosse fatto così", ha spiegato Masic.

Ulteriori studi condotti dai ricercatori hanno invece fatto emergere che i pezzettini di calce si sono formati a causa dell'utilizzo della forma secca, più reattiva e pericolosa del calcare, chiamata calce viva o ossido di calcio, durante la miscelazione del calcestruzzo, piuttosto che o in aggiunta alla calce spenta. I depositi di calce, secondo delle analisi più approfondite del calcestruzzo, si sarebbero formati a causa delle estreme temperature previste dall'uso della calce viva. La miscelazione a caldo sarebbe stata la chiave della resistenza del materiale. "I vantaggi della miscelazione a caldo – ha spiegato Masic in un comunicato stampa – sono duplici. In primo luogo, quando il calcestruzzo viene complessivamente riscaldato ad alte temperature, si creano delle chimiche che non sarebbero possibili se si usasse solo calce spenta, producendo composti associati alle alte temperature che altrimenti non si formerebbero. In secondo luogo, l'aumento della temperatura riduce significativamente i tempi di maturazione e di presa, poiché tutte le reazioni sono accelerate, consentendo una costruzione molto più rapida".

Per provare che i depositi di calce sono stati responsabili della capacità del calcestruzzo romano di autoripararsi, il team di scienziati ha condotto un esperimento preparando due campioni di calcestruzzo. Il primo è stato prodotto secondo la ricetta dell'antica Roma, l'altro invece secondo gli standard moderni. Sono stati entrambi poi fessurati e ripresi dopo due settimane. L'acqua, trascorse le due settimane, non riusciva a passare attraverso il calcestruzzo prodotto con la ricetta romana, mentre passava attraverso il frammento di calcestruzzo realizzato con le tecniche moderne, ovvero senza calce viva. Il risultato ha dimostrato che i piccoli pezzi di calce presenti nel cemento delle mura dell'antica Roma possono dissolversi nelle fessure e ricristallizarsi dopo l'esposizione all'acqua, sanando le crepe create dagli agenti atmosferici prima che si diffondano.

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