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Nasce la casa editrice wetlands: “Dal clima al turismo, raccontiamo le sfide della contemporaneità”

Si chiama wetlans e nasce a Venezia la nuova casa editrice che, partendo dalla Laguna, affronterà i temi della sostenibilità sociale e ambientale.
A cura di Francesco Raiola
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Si chiama wetlands, ovvero "terre umide", la nuova casa editrice che, partendo da Venezia, città simbolo per le sfide al cambiamento climatico, arriva in tutta Italia per raccontare tra fiction e non fiction, con testi inediti e piacevoli riscoperte e ripubblicazioni, il rapporto tra le comunità e l'ambiente con cui interagiscono. Wetland pubblicherà autori come Frank Westerman,
Régis Debray, Tash Aw, Isham Matar, Robert Davis, Claire Judde de Lariviere, Giandomenico Romanelli, Costanza Jesurum e prevede la pubblicazione di 15 testi tra il 2022 e il 2023, e poi circa 10 nuovi titoli all’anno per gli anni successivi. Abbiamo chiesto ai fondatori della casa editrice che vanta anche un'idea completamente green nella realizzazione dei libri, di raccontarci come nasce l'idea e in che modo hanno convinto autori anche internazionali a credere in questo progetto.

Come nasce l’idea di wetlands?

Avevamo un’idea, avevamo una parola “wetlands”, dovevamo fare il resto, sentivamo di dover fare il resto. Wetlands nasce come progetto di ReActiVe, impresa sociale che si occupa a più livelli di dare senso al dibattito sulla città di Venezia. L’idea di un progetto editoriale ci è sembrata potesse offrire al dibattito civico e culturale degli strumenti in grado di coinvolgere il più possibile le comunità di lettori e cittadini, così, con un po’ di entusiasmo e il feedback davvero insperato degli autori, quell’idea è diventata realtà.

Come mai la scelta di Venezia come luogo simbolo di ciò di cui volete parlare?

Venezia è la città in cui viviamo e, prevalentemente, lavoriamo. La città in cui qualcuno di noi ha anche scelto di tornare dopo anni passati all’estero. È non solo una città affascinante e ricca di spunti, ma è anche un luogo significativo per la sfide della contemporaneità, dal cambiamento climatico all’overtourism, una sorta di piccolo-grande laboratorio di sostenibilità.

Vi muoverete tra fiction e non fiction: che tipo di pubblicazioni saranno le vostre?

I nostri libri provano, anche stilisticamente, a raccontare temi abitualmente riservati alla saggistica con l’approccio della narrativa, lontano il più possibile dall’elitismo accademico, così come provano, al tempo stesso, a far riflettere i narratori su temi reali, sul rapporto tra le comunità e l’ambiente con cui interagiscono. Contribuiscono a questo importanti scrittori della scena internazionale e giovani ricercatrici, studiosi e pensatrici che si mettono in relazione con questi temi, che possono essere urbanistici, sociali, antropologici… se guardiamo alle prime tre uscite abbiamo un’originale analisi sul turismo a Venezia ("Il giocattolo del mondo" di Robert Davis), un caustico pamphlet come "Contro Venezia" di Régis Debray riproposto dopo oltre 20 anni – con un testo di Gianni Montieri – e un libro come "Dittico Idraulico" di Frank Westerman che mette in relazione le barriere contro l’acqua alta, il Vajont e le vicende di una diga in Normandia.

Uno dei punti cardine del progetto è un’attenzione enorme all’ambiente che oltre che nelle narrazioni si materializzano anche su carta e manodopera, giusto?

Sì, il progetto è carbon neutral e a filiera locale: tutti i libri sono composti, prodotti e stampati a Venezia, su carta eco-sostenibile, da manodopera locale.

Come nasce l’idea grafica, invece?

L’idea, che è stata concepita da Sebastiano Girardi Studio, restituisce quella compresenza di forme e materia che è tipica degli ambienti lagunari, dove terra e acqua si confondono, si scambiano di posto, dove tutto è in costante mutamento. Le forme dialogano, si toccano, cambiano aspetto o colore, ma non perdono mai la loro natura in divenire, riconoscibile.

Com’è stato convincere grandi autori a dare credito a una realtà nuova e con un focus così preciso?

È una cosa che ha sorpreso positivamente anche noi: che un autore tradotto in moltissime lingue come Frank Westerman – per dire solo uno dei primi nomi che trovate in libreria già da ora – abbia subito accettato con entusiasmo di far parte di questo progetto è stata un’iniezione di fiducia e di rispetto di cui gli siamo molto riconoscenti. Certamente i temi e l’approccio wetlands, insieme all’idea di poter lavorare in residenza a Venezia, hanno fatto la loro parte…

Testi originali, ripubblicazione e prime traduzioni: come vi muoverete in futuro?

Le collane (Mude, Fondamenta e Barene) sono organismi flessibili in cui si metabolizzano le diverse opportunità: certamente i testi originali sono una delle priorità (a settembre ne esce uno dedicato al cambiamento climatico visto dalla prospettiva dell’apicoltura in laguna), così come il lavoro di scrittori e scrittrici straniere in residenza e il progetto sulle environmental humanities in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari, ma crediamo che anche la possibilità di riscoprire testi dimenticati o di tradurre possa completare il quadro in modo stimolante.

Qual è lo spazio che avete visto nel mercato?

Crediamo che lo spazio prima ancora che nel mercato sia nella società e nelle comunità. I libri wetlands sono libri che partono da Venezia, ma che con un movimento concentrico che ricorda quello delle onde di un oggetto significativo lanciato nell’acqua, si possano propagare velocemente fino a lambire contesti lontani. La riflessione sulla sostenibilità è urgente e attuale, così come è sempre attuale leggere libri di qualità.

Veniamo da un Salone del libro con ottimi numeri, una ripresa dei festival letterari, grandi affluenze di lettori. Avete presentato Dittico Idraulico. Venezia, il Vajont e Il sorriso del salmone di Frank Westerman a Incroci di civiltà, che periodo è per l’editoria?

È il periodo giusto. Il che non significa che le cose vadano tutte bene, ma crediamo che ci sia l’attenzione e l’urgenza che ci devono essere e che, nel suo piccolo, anche un libro wetlands possa fare la sua parte.

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