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L’intervista impossibile di Franco Arminio al coronavirus: “Non sono io l’intruso”

Il poeta e scrittore Franco Arminio, autore de “L’infinito senza farci caso” (Bompiani), ha realizzato una breve intervista impossibile al coronavirus, che alla domanda sul futuro risponde: “Non mi intendo di futuro e men che mai del vostro. Direi che state parlando troppo di quello che dovrete fare dopo, ma dopo di che?”
A cura di Redazione Cultura
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Riceviamo e pubblichiamo volentieri l'intervista impossibile di Franco Arminio al coronavirus. L'ultima raccolta di poesia di Arminio – poeta, scrittore e fondatore della "paesologia" – è "L'infinito senza farci caso" (Bompiani).

Gentile coronavirus, ci vuole parlare delle sue origini?

È una domanda a cui non so rispondere. Io sono materia, non so da dove vengo. So delle polemiche sulla mia origine, ma un pezzo di pane non sa da quale forno viene. Io faccio il virus, non sono interessato ad altro.

Si rende conto di quanti danni sta facendo?

Questa domanda è incomprensibile. Io sono materia, incontro cellule, non so nulla della vita e della morte delle persone, so di vicende piccolissime. Coi vostri strumenti state portando luce in un mondo infimo, ma dovete sapere che io sono già una creatura grande, ci sono tantissime cose ancora più piccole e dentro queste cose piccole c’è un qualcosa di così infimo che io al confronto sembro un elefante.

Perché sei più presente in certi posti e in altri meno?

Io sono un autostoppista. Vado con chi mi porta. Non amo i luoghi caldi e asciutti, non amo l’aria pulita, amo l’aria sporca, le onde elettromagnetiche. Navigo nell’aria da un respiro all’altro, cado sulle cose, ma lì non ci sto bene, io sto bene nella vostra gola e poi nella bella casa dei vostri polmoni.

Non ti senti un poco vigliacco a colpire di più gli anziani?

Io colpisco chi è stanco, chi è malato, chi ha preso poca luce. Amo le persone che parlano, che stanno vicine, chi è da solo io lo schifo. Mi piacciono le case di riposo, quell’aria ferma, quei salotti in cui la cosa più animosa è la televisione, mi piacciono gli ospedali, io faccio la mia luna di miele negli ospedali.

Ti dovremo combattere con un vaccino o te ne andrai prima?

Me ne sto già andando, il mio viaggio dalle vostre parti sta già finendo, poi tornerà magari qualche mio cugino. Voi dovete fare molta attenzione al mondo piccolissimo, siete troppo attenti ai vostri giocattoli, pensate alle fabbriche, al denaro, pensato alla vita che vi aspetta quando io sarò sconfitto, ma vi sbagliate. L’errore non sono io, non sono io l’intruso. Il mio consiglio è che voi dovete convincervi di essere un pezzo di materia vagante, come tutti. Le vostre classificazioni non servono più a niente. Non esiste neppure la malattia e la salute, neppure la morte e la vita, ci sono vicende, ci sono salti, apparizioni. E tutto si svolge con cambi di scena continui. Io ora non sono quello che ero due mesi fa e sarò ancora un’altra cosa fra due mesi.

Ti piace il nostro mondo?

Voi non avete un vostro mondo, come noi virus non ne abbiamo uno nostro, siamo storie che aprono altre storie, non ci sono recinti, non ci sono nascondigli per nessuno. E non ci sono vicende più importanti. C’è qualcosa che accade. Se non fosse arrivata quella che voi chiamate pandemia sarebbero morte più o meno le stesse persone, ci sarebbe stato qualche morto in più per incidente, per crepacuore, per suicidio. In fondo un male non si aggiunge, semplicemente sostituisce altri mali. E poi chi ha deciso che essere vivi è meglio che essere morti, che ne sapete voi della morte?

Come vedi il nostro futuro?

Non mi intendo di futuro e men che mai del vostro. Direi che state parlando troppo di quello che dovrete fare dopo, ma dopo di che? Ogni giornata è tutto, non c’è un prima e un dopo. Dovete pensare che ci sono due cose, la materia e il tempo. La materia attraversa il tempo e il tempo attraversa la materia. Da qui nasce tutto, una lacrima, un bacio, un colpo di tosse.

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