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La dissidente russa Olga Misik: “Vi racconto la repressione russa che ha distrutto la mia vita”

Olga Misik, attivista e dissidente russa, protagonista al Salone del Libro per la presentazione del “Premio Inge Feltrinelli, Raccontare il mondo e difendere i diritti”, racconta la repressione nella Russia di Putin.
A cura di Redazione Cultura
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In una serena giornata di aprile uno studente del quarto anno della facoltà di informatica e cibernetica esce dall’università dopo aver sostenuto l’esame. Fa appena in tempo a voltare il capo verso il parcheggio delle bici quando, come dal nulla, compaiono degli uomini in divisa con fucili d’assalto che lo fermano. L’anno successivo lo trascorrerà in carcere. Lo studente si chiama Dima Ivanov ed è un mio caro amico e uno dei primi arrestati in base al nuovo articolo della legge repressiva: diffusione di notizie chiaramente false sull’impiego delle Forze armate della Federazione Russa. Veniva arrestato il 28 aprile. Il 1 giugno non poté discutere la tesi di laurea, poiché si trovava in cella, e il 2 giugno lo condussero presso la Commissione Investigativa per l’interrogatorio. Venne accusato di diffusione di false notizie (fakes) sull’esercito per aver scritto la verità sulla guerra sul suo canale Telegram e rinchiuso in isolamento (SIZO). Il 1 marzo del 2023 Dima è stato condannato a 8 anni e mezzo di carcere.

L’anno 2022 è stato per la Russia l’anno in cui la repressione ha raggiunto livelli senza precedenti dai tempi del terrore rosso. Migliaia di persone sono state arrestate per azioni contro la guerra, pubblicazioni o addirittura semplici conversazioni. Sono state scritte decine, centinaia di migliaia di delazioni. L’attesa che comparisse l’auto nera (Cernyj voronok) della polizia sotto la finestra era diventata abituale, quasi parte della quotidianità. Ma le repressioni non sono state una novità per la Russia. Hanno accompagnato tutto il periodo di governo di Putin, si può addirittura dire tutta la storia del nostro paese. Io venni a conoscenza della loro esistenza solo nel 2018, e una volta appreso questo decisi fermamente di occuparmi di politica e di fare ogni cosa per fermare ciò che stava accadendo. Ma già nel 2020 io stessa ebbi a che fare con le repressioni. E questo cambiò radicalmente la mia vita, per non dire che la “distrusse”.

Quando incontravo ex detenuti politici notavo sempre in loro un silenzio particolare, come avviene quando parli con persone anziane. Calma (la parola «Спокойствие» può essere resa in italiano anche con “tranquillità”, ndt), imperturbabilità e tristezza. Io non volevo diventare una di loro, ma dopo l’arresto il mio ardimento, la mia gioia di vivere e il coraggio assurdo sono scomparsi per sempre. Ma non è quanto di più io abbia perso. Per me è tremendo immaginare l’entità delle repressioni in Russia, perché questo vuol dire immaginare decine di migliaia di persone con il silenzio dentro di sé. Un silenzio che sconfina nel vuoto.

E per me sarà tremendo tra otto anni vedere questo silenzio in Dima.

Ma il silenzio dei detenuti politici è così tremendo come quello che serpeggia (lett. “vive”, ndt) tra la gente comune? Cedere (Ho reso una stessa parola con due termini differenti. Il verbo russo “сломаться” significa: essere incapaci di opporsi, indebolirsi fisicamente e psicologicamente, ndt) è così tremendo quanto nascere già arresi? Il silenzio che avvolge le figure dei detenuti politici proviene proprio da questo, dal tacere degli altri. Quando milioni di persone vengono alla luce disperati, all’improvviso sembra che non ci sia nessuno che possa parlare. E coloro che osano alzare la testa rischiano di rimanerne senza. Ma il vuoto in cui si trova la popolazione della Russia non è stato creato artificiosamente. È andato crescendo nel corso di molti anni, alimentato dal tacere generale.

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Spezziamo questo silenzio insieme.

Servet Gaziev. Un attivista che si recava regolarmente nei tribunali per le cause politiche in Crimea. Ha due bambini. È stato arrestato perché credeva in Dio in maniera non corretta. L’11 gennaio del 2023, in base agli articoli “Partecipazione all’attività di organizzazione terroristica” e “Preparazione alla presa violenta del potere”, è stato condannato a 13 anni di detenzione di cui i primi due in carcere ed i restanti in una colonia di regime duro, con limitazione della libertà per un anno e mezzo.

Pavel Rebrovskij. Il caso “Nuova grandezza” (Novoje Veličie) che vedeva coinvolto un gruppo “estremista” organizzato da poliziotti sotto copertura. Il 29 aprile del 2019 in base all’articolo “Creazione di raggruppamento estremista e guida di tale raggruppamento, di una sua parte o di sue filiali” veniva condannato a due anni e 6 mesi di reclusione in regime ordinario e arrestato. L’8 ottobre 2019, dopo la revoca della condanna da parte del tribunale di Mosca e l’invio del caso al riesame a causa del rifiuto di Rebrovskij di testimoniare nei confronti degli altri indagati, venne liberato con obbligo di dimora. Il 29 ottobre 2020 veniva condannato a 6 anni di detenzione in regime ordinario e nuovamente arrestato. In seguito la pena detentiva è stata ridotta a 5 anni di privazione della libertà.

Aleksandr Snežkov. Anarchico, arrestato per il graffito “Morte al regime”. Contro di lui fu avviato un procedimento in base a tre articoli del Codice Penale. Protestava contro la guerra in Ucraina. Oltre che della realizzazione del graffito, Snežkov è sospettato di essere l’amministratore di due canali Telegram, “75 zlo” e “Šugan’ 25” (Zlo – male; Šugan’- paura tremenda, ingiustificata, ndt), sui quali venivano postate informazioni sulle proteste contro la guerra, le azioni di partigiani e la difesa degli animali. Ad attirare l’attenzione delle forze dell’ordine era stato il post in cui si esprimeva l’approvazione per gli incendi dolosi nei centri di reclutamento. Gli vengono mosse accuse di sollecitazione a compiere attività terroristica, sollecitazione ad atti di estremismo e vandalismo per motivi di odio politico.

Viktor Mel’nikov. Protestava contro la guerra in Ucraina. La sera del 21 settembre 2022 gettò una bottiglia con liquido incendiario nella finestra di un centro di reclutamento. Il tribunale del distretto Petrodvorez di San Pietroburgo predispose l’arresto dello studente per due mesi per l’incendio doloso dell’edificio del centro di reclutamento. Contro di lui è stato avviato un procedimento penale per distruzione premeditata o danneggiamento di proprietà altrui.

Rustem Sejtxalilov, Aleksandr Strukov, Pavel Olejnikov, Nikolaj Dajneko, Marcel Ghimaliev, Maksim Smyšljaev, Ljudmila Razumova, Edem Smailov, centinaia di detenuti politici anonimi, i cui nomi non sono riportati in nessun mass media. Si potrebbe proseguire molto a lungo con questo elenco, che ogni giorno diventa sempre più lungo. Gente così ce n’è a migliaia. Coraggiosi e poco coraggiosi, chi è caduto vittima della repressione per caso, chi era pronto al carcere. E’ strano diventare consapevole di essere uno di loro. Nella mia vita in generale ci sono troppe cose strane.

Cosa non meno strana nel sistema esistente sono le voci che spezzano il silenzio. Diventano sempre più numerose, e diventano sempre più forti. Si intrecciano, mutano il proprio timbro, si fanno più sommesse e si rafforzano. Sono le nostre voci, le voci di coloro che vogliono essere ascoltati. Ma cosa risuona in risposta a queste voci?

Il silenzio.

Di Olga Misik* (trad. di Laura Chiadò)

*Olga Misik, attivista e dissidente russa che nel 2019 si sedette davanti alla polizia russa in tenuta antisommossa leggendo la Costituzione. Misik sarà protagonista dell'incontro al Salone del Libro della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli che presenta la seconda edizione del "Premio Inge Feltrinelli. Raccontare il mondo, difendere i diritti". L’evento si tiene oggi, venerdì 19 maggio ore 17:15, nella Sala Viola del Salone Internazionale del Libro. Oltre a Olga Misik interverrà anche Deniz Kivage, attivista iraniana per i diritti umani. Modera l’incontro Annalisa Cuzzocrea, vicedirettore de La Stampa. Con i saluti istituzionali di Massimiliano Tarantino, Direttore di Fondazione G. Feltrinelli.

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