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Costa Concordia, per la Cassazione Schettino non merita attenuanti: “Fu negligente e imprudente”

La sentenza della Cassazione del 12 maggio ha confermato la condanna per il comandante della Costa Concordia a 16 anni di carcere. Nelle motivazioni si spiega che Schettino non fu sufficientemente diligente e prudente.
A cura di Stefano Rizzuti
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Nessuna attenuante per il comandante della Costa Concordia Francesco Schettino: ha causato tanti morti (32), 193 persone ferite, “gravissimi danni causati all’ambiente” e “patrimoniali”, secondo la Cassazione che ha condiviso la decisione della Corte d’Appello di Firenze nella sentenza del 12 maggio scorso di cui sono state rese note oggi le motivazioni. Schettino non osservò “il livello di diligenza, prudenza e perizia oggettivamente dovuto ed esigibile”, in occasione del naufragio della Costa Concordia. Inoltre, secondo la Cassazione, a questo si aggiunge il comportamento dell’imputato durante il processo: inizialmente “ammissivo”, ma poi di ben altro tenore. Con questa sentenza la Cassazione aveva confermato la condanna a 16 anni di carcere.

Schettino dopo aver abbandonato la nave aveva “consapevolezza che a bordo vi erano ancora persone presenti”, ma si è comunque allontanato dalla plancia senza prendere “con sé una radio con cui comunicare con l’equipaggio” e rinunciando “a esercitare i suoi doveri di coordinamento delle operazioni”, si legge ancora nelle motivazioni. Secondo la Cassazione, Schettino avrebbe dovuto dare l’allarme “alle 21.50 o al più tardi alle 22”, quando arrivò in plancia la comunicazione che il locale dei motori era allagato. Questo ritardo, insieme a quello dell’ordine dell’ammaino delle scialuppe, “ha assunto un evidente rilievo causale” nella morte di 32 persone. Tornando sul saluto’ al Giglio, la Corte Suprema condanna Schettino per aver svolto una “manovra spericolata, “tenendo una rotta e una velocità del tutto inadeguate per finalità essenzialmente legate al ‘saluto’ ravvicinato al Giglio, che egli si proponeva di effettuare”.

La Cassazione sottolinea come molte delle persone rimaste ferite sono state “costrette a vivere esperienze assolutamente drammatiche, sconvolgenti, inenarrabili”, E ribadisce i “gravissimi danni causati all’ambiente in un tratto di mare di eccezionale pregio”, oltre agli “ingentissimi danni patrimoniali”. Ragioni per cui è stato giusto, secondo la Cassazione, non concedere le attenuanti a Schettino, nonostante fosse incensurato.

Respinto anche l’aumento della pena richiesto dal procuratore generale di Firenze per l’aggravante della colpa cosciente per il reato di omicidio e lesioni colpose plurime. Aggravante che, però, per essere applicata ha bisogno della “previsione dell’evento” e non solo della sua “prevedibilità”. Il riferimento è a una frase di Schettino che fa parte degli atti del processo: il capitano, parlando con un sottoposto, affermava: “Io non faccio morire nessuno”, aggiungendo poi parlando con la capitaneria di porto di Livorno un “…e Dio ci pensi”.

Non era possibile affermare con certezza se l’imputato avesse sottovalutato la situazione a causa di una vera e propria fuga dalla realtà”, spiega ancora la Cassazione, o “se la sua attenzione e, di conseguenza, le sue condotte, fossero focalizzate sul tentativo di salvare la nave, come più plausibile”. In conclusione, “la prova della colpa cosciente non poteva essere tratta”, come è invece stato fatto in relazione al reato di naufragio.

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