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Così i presunti membri dell’Isis vendevano documenti falsi su Facebook: “Usavano il finto profilo di una ragazzina”

Quattro dei presunti terroristi islamici arrestati su ordine della Procura di Roma, accusati di avere contatti con l’attentatore di Berlino, gestivano una centrale di produzione di documenti falsi tramite Facebook. La centrale aveva base a Napoli e vendeva documenti italiani e francesi ai migranti usando il profilo falso di una minorenne.
A cura di Antonio Musella
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Il profilo Facebook attraverso cui la banda vendeva documenti falsi
Il profilo Facebook attraverso cui la banda vendeva documenti falsi

Uno degli aspetti più significativi dell'inchiesta che ha portato all'arresto di cinque presunti terroristi islamici in Italia è legata alla costruzione di una centrale di produzione di documenti falsi gestita da quattro cittadini tunisini in Italia. Akram Baazoui, Mohammed Baazoui, Dhiaddine Baazouoi e Rabie Baazoui, arrestati insieme a Abdel Salem Napulsi accusato di aver avuto rapporti con l'attentatore di Berlino, avevano messo in piedi una centrale di spaccio di permessi di soggiorno, codici fiscali e patenti italiane e francesi. I documenti  venivano prodotti a Napoli e inviati ai clienti, principalmente migranti senza documenti in Italia e Francia, dopo aver pattuito il pagamento tramite Facebook.

Il sistema funzionava tramite Facebook

Perno del sistema di accaparramento della clientela a cui vendere i documenti falsi era il social network Facebook. Il numero di telefono di Mohammed Baazoui girava di mano in mano tra i migranti arrivati in Italia o in Francia che necessitavano di un documento falso. Dopo un primo contatto telefonico, Mohammed chiedeva ai propri clienti di richiedere l'amicizia su Facebook al profilo "Momo Napoli" gestito da lui. "Non puoi sbagliarti, la foto profilo è quella di una bambina con la maglietta blu" si legge in una delle intercettazioni telefoniche sull'utenza di Mohammed Baazoui. Una volta confermata l'amicizia, il trafficante chiedeva al cliente di inviargli tramite "Messenger" i propri dati anagrafici. "Mi devi mandare una tua bella foto, i dati di quando sei nato e dove, mi mandi tutto su messenger" diceva Baazoui al telefono con i clienti. Dopo aver acquisito i dati, il tunisino chiedeva il pagamento della somma pattuita che doveva avvenire attraverso i principali money transfer internazionali. Western Union e Money Gram erano tra le rimesse di valuta più gettonate dalla banda. Secondo gli inquirenti i tunisini riuscivano a controllare in tempo reale l'arrivo delle somme pattuite con i clienti grazie ad agganci all'interno di alcune agenzie di transizione di valute che non sono state ancora identificate. Dopo l'arrivo dei soldi sui conti della banda, si procedeva alla produzione dei documenti falsi che venivano inviati ai clienti agli indirizzi indicati entro 4-5 giorni dal pagamento.
"Io quando faccio un lavoro lo faccio bene – spiega Mohammed al telefono con un cliente – posso darti un documento anche domani, ma quella è roba che va nella spazzatura, quello che ti do io è roba buona, quindi ci vogliono 4 giorni per farlo". I clienti della banda erano concentrati soprattutto in Francia, sono diverse infatti le telefonate arrivata da oltralpe sulle utenze dei Baazoui.

Il tariffario: 100 euro per un documento italiano

La banda aveva un vero e proprio tariffario per i documenti falsi come si evince anche da alcune intercettazioni in particolare in quelle tra Akram e Rabie Baazoui: " Io le vendo a 150 euro in Francia – dice Akram a Rabie – se io li faccio in Italia il prezzo è 100 euro, se li faccio in Francia il prezzo è di 150 euro, in Francia se ne fanno due gli facciamo 250 euro". Akram è uno dei vertici dello spaccio di documenti falsi, mentre Rabie è un comprimario come si evince nella stessa intercettazione dove Rabie chiede: "A me quanto mi dai ?". "Trenta euro per ogni documento" – risponde Akram. Ma Rabie si lamenta: "E io devo correre per 30 euro?". Akram Baazoui dimostra di essere molto ben radicato nella città di Napoli, tanto che in un litigio con un cliente sul pagamento di alcuni documenti falsi dice di essere in grado di non consentirgli di poter acquistare un documento falso a Napoli da nessun altro. Il cliente VM chiama Akram per un documento falso che serve ad un suo amico e dice di voler pagare 70 euro. "Mi stai prendendo in giro – risponde Akram –  io conosco il suo nome e cognome e a Napoli non gli faccio fare il documento da nessuna parte, il fratello mi ha già fregato 250 euro". Proprio a Napoli nell'ottobre scorso la polizia municipale scoprì una centrale di produzione di documenti falsi di diversi paesi. Il blitz avvenne in Piazza Nicola Amore nella zona di Piazza Garibaldi a poche centinaia di metri dalla residenza di Akram Baazoui e Dhia Bazzoui residenti a ridosso di Corso Garibaldi.

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