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Corte di Strasburgo: “Non si può controllare l’email dei dipendenti, è violazione privacy”

Secondo la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo, controllare le comunicazioni elettroniche e l’email dei dipendenti viola la privacy e non è possibile applicare la sorveglianza senza alcune condizioni, tra cui il preavviso da dare ai lavoratori in caso di controlli.
A cura di Stefano Rizzuti
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Controllare le email e le comunicazioni elettroniche di un dipendente viola il diritto ad avere una vita privata del lavoratore. Secondo la Corte europea dei diritti umani un datore di lavoro non può quindi avere accesso alla corrispondenza privata di un suo lavoratore per licenziarlo se non ci sono alcune determinate condizioni. La Corte di Strasburgo ha fissato dei nuovi paletti entro i quali inserire le possibilità di sorvegliare le comunicazioni via web dei dipendenti di una azienda. In particolare, la Corte si è espressa sul caso di un ricorso presentato da un cittadino romeno e ha condannato Bucarest per non aver difeso a sufficienza i diritti dell'uomo. I tribunali nazionali non avrebbero garantito al lavoratore licenziato la protezione della sua privacy da eventuali abusi da parte del datore di lavoro.

La Corte ha stabilito che il requisito fondamentale per determinare se l’accesso e il monitoraggio delle comunicazioni di un lavoratore sono legittimi è la ricezione del dipendente da una notifica dal suo datore di lavoro sulla possibilità che l’azienda prenda misure per controllare la corrispondenza. Inoltre, deve essere specificata sia la motivazione che la modalità in cui questa pratica verrà messa in atto. Secondo i giudici, quindi, senza una notifica il datore di lavoro non può accedere al contenuto delle comunicazioni del lavoratore e alle email.

Altra condizione posta dai giudici di Strasburgo riguarda alcuni limiti che devono essere imposti nel caso di monitoraggio delle comunicazioni dei dipendenti. È quindi necessario fare una distinzione tra il flusso delle comunicazioni e il loro contenuto. Inoltre, bisogna determinare se sono state monitorate tutte le comunicazioni o solo una parte e se il controllo è stato limitato nel tempo, oltre a sapere quante persone hanno avuto accesso ai risultati della sorveglianza.

Altro punto cruciale riguarda le ragioni fornite dal datore di lavoro per giustificare il monitoraggio delle comunicazioni. Deve inoltre essere stabilito se l’azienda poteva o meno adottare misure e metodi meno invasivi rispetto all’accesso diretto al contenuto delle comunicazioni del lavoratore.

Controllare l'email dei dipendenti viola la privacy: accolto ricorso di un cittadino romeno

Il caso preso in esame è quello di Bogdan Mihai Barbulescu, un cittadino romeno nato nel 1979. Dal 1 agosto 2004 al 6 agosto del 2007 era stato impiegato da un’impresa privata come ingegnere incaricato delle vendite. Aveva creato, su richiesta del datore di lavoro, un account Yahoo Messenger per rispondere alle richieste dei clienti. Nel luglio del 2007 l’azienda aveva emesso una circolare nella quale comunicava che l’uso di internet, telefono e fotocopiatrice per ragioni private poteva portare al licenziamento per ragioni disciplinari.

Dopo dieci giorni, Barblescu è stato convocato dal suo datore di lavoro e accusato di aver usato l’account Yahoo Messenger per ragioni personali, ovvero comunicazioni con il fratello e la fidanzata. È stato così licenziato. Secondo la Corte di Strasburgo le comunicazioni sul posto di lavoro rientrano nel concetto di “vita privata” e di corrispondenza privata tutelati dall’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti umani. Motivo per cui ha stabilito che il “diritto al rispetto per la vita privata e la privacy della corrispondenza continua a esistere, anche se sono previste delle restrizioni sul posto di lavoro”.

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