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Contributo per babysitter e asili nido, fino a 600 euro al mese per figlio: come presentare domanda

Le madri lavoratrici che intendono rinunciare al congedo parentale possono accedere a un contributo di 600 euro mensili, per un massimo di sei mesi, da utilizzare per i servizi di baby-sitting e per l’accesso ai servizi per l’infanzia. Chi può fare domanda, come funziona il contributo e come viene erogato.
A cura di Stefano Rizzuti
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Le madri lavoratrici che hanno terminato il congedo di maternità possono chiedere di rinunciare al congedo parentale facoltativo e di accedere a un contributo per i servizi di baby-sitting o per l’accesso ai servizi dell’infanzia come gli asili nido convenzionati. Il contributo, di 600 euro mensili per un massimo di sei mesi, viene erogato alle madri che siano lavoratrici dipendenti, autonome o iscritte alla gestione separata e che si trovino negli 11 mesi successivi alla maternità obbligatoria. L’Inps ha pubblicato negli scorsi giorni una nuova direttiva con le istruzioni per la presentazione delle domande per il 2018.

Grazie a questo contributo, le madri lavoratrici possono richiedere – al termine del congedo di maternità e non oltre gli 11 mesi successivi – di accedere al voucher per l’acquisto di servizi di baby-sitting o al contributo per far fronte alle spese dei servizi per l’infanzia. Il contributo può essere richiesto da tre categorie di lavoratrici: dipendenti, iscritte alla gestione separata, autonome. Il contributo per il baby-.sitting viene corrisposto non più attraverso i voucher ma tramite il Libretto famiglia.

Chi può chiedere il contributo

Nello specifico, la direttiva pubblicata dall’istituto di previdenza spiega quali categorie di lavoratici possono accedere al contributo. Si tratta di lavoratrici dipendenti di amministrazioni pubbliche o di privati datori di lavoro, lavoratrici iscritte alla gestione separata, lavoratrici autonome o imprenditrici. Ogni madre ha diritto a chiedere il beneficio anche per più figli, presentando una domanda per ogni figlio. Non può invece fare domanda la madre che non ha diritto a congedo parentale, chi è in fase di gestazione, la madre che ancora non è in congedo di maternità, coloro che sono esentate dal pagamento della rete pubblica dei servizi per l’infanzia.

Come viene erogato e a quanto ammonta il contributo

Il contributo, sia per i servizi per l’infanzia che per i servizi di baby-sitting, è pari a 600 euro mensili per un massimo di sei mesi. Periodo che si riduce a tre mesi per le lavoratrici autonome. In ogni caso, per accedere alla misura è necessario rinunciare al congedo parentale (o ad alcuni mesi di esso).

Il contributo viene erogato diversamente in base alla specifica misura. Nel caso di assistenza per i servizi dell’infanzia, il pagamento avviene direttamente alla struttura scolastica prescelta (che deve però rientrare in quelle presenti nella lista predisposta dall’Inps). Per quanto riguarda i servizi di baby-sitting, il contributo viene erogato attraverso il Libretto famiglia. Le madri lavoratrici devono procedere con l’acquisizione telematica del contributo per l’acquisto dei servizi entro e non oltre 120 giorni dalla comunicazione di accoglimento della domanda. Per avere accesso al contributo è necessario registrarsi sul portale dell’istituto di previdenza nella sezione delle prestazioni occasionali.

Come presentare domanda

Le madri lavoratrici possono presentare domanda per questi due contributi all’Inps attraverso i servizi telematici dell’istituto di previdenza a cui accedere con pin dispositivo. È possibile fare la domanda anche presso gli enti di patronato o attraverso il contact center dell’Inps. La domanda può essere presentata fino al 31 dicembre 2018 o, comunque, fino all’esaurimento dei fondi stanziati (40 milioni di euro per le lavoratrici dipendenti e iscritte alla gestione separata e 10 milioni per le autonome). Per le lavoratrici dipendenti e per quelle iscritte alla gestione separata, la domanda va presentata entro 11 mesi dalla fine del congedo di maternità. Per le lavoratrici autonome è necessario che non sia trascorso un anno dalla nascita o dall’ingresso in famiglia (adozione) del minore.

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