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Compra la casa del fratello ma sbaglia a fare il bonifico: dal Fisco maximulta di 58mila euro

La contribuente è accusata di aver nascosto una plusvalenza sulla compravendita di un immobile tra fratelli, perché sbaglia a scrivere la causale dei bonifici, e il Fisco non le ha perdonato l’errore di forma.
A cura di Ida Artiaco
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Compra la casa del fratello e la rivende al valore di mercato, si accorda con l'Agenzia delle Entrate per dichiarare la plusvalenza tra acquisto e vendita dell'immobile, effettua i bonifici che comprovano la buona fede e che pareggiano i conti, ma viene multata con 58mila euro di sanzione perché sbaglia a scrivere la causale dei bonifici. È la disavventura raccontata dall'AdnKronos vissuta da una contribuente accusata di aver nascosto una plusvalenza sulla compravendita di un immobile. Il tutto all'interno di una operazione che si potrebbe definire familiare, trattandosi di una transazione immobiliare tra fratelli. Il problema è che l'abitazione in questione è stata poi rivenduta al valore di mercato dopo quattro anni e mezzo circa dall'acquisto.

Tutto è cominciato nel 2008, quando la donna ha acquistato la casa del fratello per poi rivenderla nel dicembre 2012. La differenza tra acquisto e vendita dell'immobile ha prodotto una plusvalenza di 150mila euro, derivata dalla differenza fra il prezzo di vendita, 270mila euro, e quello di acquisto della casa ceduta dal fratello di 120mila euro. Fin qui, però, nulla di nuovo. Tanto è vero che, su suggerimento degli stessi uffici dell'Agenzia delle Entrate, è stato presentato un atto di rettifica e quietanza che attestava il conguaglio del prezzo con due bonifici successivi alla vendita, rispettivamente di 90mila e 70mila euro.

Purtroppo, però, la stessa Agenzia ha ritenuto che "il riferimento preciso alla compravendita nella causale dei bonifici fosse elemento indispensabile per dimostrare il maggior valore dell'acquisto". Riferimento che nei bonifici, evidentemente, non c'è e che ha fatto immediatamente scattare la maxisanzione da 57.807 euro. Ora, la contribuente si trova davanti a un bivio: può decidere di pagare subito la sanzione ridotta a un terzo, pari a circa 20mila euro, e rinunciare al ricorso; presentare ricorso in commissione tributaria versando 25mila euro, nella speranza che il giudice ne riconosca la fondatezza; oppure lasciar decorrere i termini, con il rischio, però di dover pagare all'erario la somma di imposte, sanzioni e interessi che raggiungono la cifra monstre di 133mila euro. Ma dovrà scegliere quanto prima: notificato l'accertamento il 23 ottobre, scattano dal 31 ottobre, e per ogni giorno, ulteriori interessi al tasso del 4 per cento.

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